Allarme Mar Rosso per Italia: tariffe raddoppiate e calo arrivi porti

Centinaia di navi impegnate nel trasporto merci Asia-Europa non passano più dal Mar Rosso, scegliendo di circumnavigare l’Africa dal capo di Buona Speranza. A rivoluzionare la geografia del trasporto marittimo sono gli attacchi alle navi ad opera degli Houthi, un gruppo yemenita alleato all’Iran, che è entrato ufficialmente in guerra contro Israele. La chiusura al traffico del Mar Rosso sta già avendo impatti sui costi di trasporto. Le principali compagnie di linea hanno portato le tariffe ai massimi di 15 mesi, secondo quanto riporta S&P Global Commodity Insights. Le deviazioni dalla rotta del Canale di Suez alla rotta del Capo di Buona Speranza stanno causando poi una limitazione dell’offerta di container a causa di tempi di consegna aggiuntivi, partenze in bianco e potenziale congestione dei porti.

Insieme alla ripresa della domanda in vista delle festività del Capodanno cinese del prossimo mese, ciò sta alimentando un sentimento di mercato sempre più rialzista nel breve termine, secondo fonti di mercato. ‘Corriere Marittimo’, ad esempio, rivela che da Shanghai a Genova i prezzi sono aumentati del 114%, a 4.178 dollari per un container da 40 piedi. Secondo i dati di S&P Global Commodities at Sea, la rotta alternativa ha aumentato i tempi di transito in direzione ovest per le spedizioni Asia-Nord Europa del 30% e per quelle Asia-Mediterraneo occidentale del 60%. Il che ha portato dell’aumento del consumo di carburante e delle maggiori spese generali di rifornimento. “Alcuni vettori sono più bravi di altri nella gestione dei container, i tempi per tornare in Asia saranno un problema così come la congestione degli attracchi, la carenza nella catena di approvvigionamento causerà alcune difficoltà ai caricatori“, ha detto uno spedizioniere a S&P. Si possono quindi prevedere interruzioni nella logistica della catena di approvvigionamento che causeranno carenze all’origine che avranno un impatto sui servizi. Il comportamento rialzista dei vettori è destinato a continuare nel breve termine, con il mercato dei container che dovrebbe continuare a essere influenzato dal conflitto in Medio Oriente. “Gli attuali livelli tariffari resisteranno ancora per un po’. Il mio sospetto è che l’effetto a catena durerà fino alla fine del secondo trimestre, quando inizierà la tradizionale alta stagione”, ha concluso la fonte a S&P.

L’abbandono del Mar Rosso, e dunque del Mediterraneo, ci preoccupano per gli effetti che potranno avere sulla movimentazione delle merci, sui tempi di consegna e sui prezzi dei noli, con conseguente riflesso sul costo dei beni al consumatore finale”, ha dichiarato il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri. “Il Mediterraneo, ritornato al centro delle rotte di navigazione rendendo l’Italia ancor più strategica, rischia di subire un forzato rallentamento della movimentazione. Se questa decisione si dovesse protrarre nel tempo, per i porti italiani sarebbe un danno serio. L’auspicio è che si possa giungere ad una risoluzione di questa criticità nel più breve tempo possibile”.

Un altro danno, quantificabile in mezzo miliardo, riguarda anche il nostro export agroalimentare. In pericolo le destinazioni asiatiche, verso le quali l’Italia – spiega Coldiretti – ha esportato vino: 112 milioni di euro il valore delle esportazioni verso la Cina, che si contende con gli Usa il primato nel consumo di rossi di cui l’Italia è tra i primi tre Paesi fornitori. Restando in Cina, il solo settore agroalimentare vale oltre 570 milioni di euro all’anno, di cui oltre il 90% viaggia proprio su nave. Le esportazioni italiane a rischio – secondo dati Fruitimprese – si trovano Medio Oriente (350 mila tonnellate di ortofrutta esportate per un valore di 400 milioni di euro), dove il prodotto principale è la mela, specie in Arabia Saudita ed Emirati Arabi. In India e Sud Est Asiatico il Made in Italy vende 120 mila tonnellate di frutta e verdura, valore 100 milioni di euro, soprattutto mele e kiwi. Potenzialmente, si evince dai dati Fruitimprese, il danno arriverebbe a 500 milioni di euro, a cui si devono aggiungere – spiega il ‘Corriere ortofrutticolo’ – le ripercussioni causate “da 150 mila tonnellate di prodotto di altri Paesi europei che rimarranno sul mercato ma soprattutto per il pericolo che le produzioni di altri due competitors come Turchia ed Egitto, specialmente con gli agrumi, inflazionino il mercato europeo. Per queste destinazioni, fanno sapere da Fruitimprese, non c’è alternativa valida al Canale di Suez, né in termini economici né logistici”.

Valentina Innocente

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