Da un lato, il tetto al prezzo del gas. Dall’altro, il disaccoppiamento dei prezzi dell’energia elettrica da quelli del gas per evitare il cosiddetto ‘effetto contagio’. Due battaglie portate avanti anche dall’Italia a Bruxelles e che hanno segnato il 2022 dell’energia per l’Unione europea. Anche di questo si parlerà martedì 30 maggio nell’ambito dell’evento ‘L’energia per l’Italia e l’Ue: le fonti e le regole del mercato energetico’, organizzato da Withub, con la direzione editoriale di GEA, Eunews e Fondazione art. 49, che si terrà all’Europa Experience – David Sassoli a Roma.
Nel pieno della crisi energetica trainata dalla guerra di Russia in Ucraina, l’Italia di Mario Draghi, ormai più di un anno fa, è stata fra i primi a portare sul tavolo del dibattito europeo la necessità di introdurre il cosiddetto ‘price cap’ sul gas, tanto richiesto dai governi Ue quanto divisivo e a lungo rimandato. Nei fatti, si tratta di un meccanismo di correzione dei prezzi sul mercato, da fare entrare in vigore da febbraio 2023 in caso di picchi di prezzo. L’accordo politico sul tetto al prezzo del gas è stato raggiunto in extremis dopo mesi di negoziati a dicembre scorso con un’intesa politica per attivare automaticamente il ‘price cap’ di fronte a due condizioni contemporaneamente: quando il prezzo del gas sul mercato olandese TTF (Title Transfer Facility) supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi. Queste le due condizioni (‘trigger’) per attivare il meccanismo vero e proprio di correzione del mercato (che si attiverà in automatico con solo un “avviso di correzione del mercato” da parte dell’agenzia Acer), che ha invece una componente dinamica, come richiesto da alcuni Paesi come l’Italia.
Come previsto, l’accordo politico sul tetto e l’introduzione del meccanismo ha funzionato da deterrente per stabilizzare il mercato e, nei fatti, finora il ‘cap’ non si è mai nemmeno attivato. Freschi ancora di negoziati sul tetto al prezzo del gas, gli Stati membri Ue si sono trovati nei mesi scorsi a essere divisi su un’altra questione destinata invece a segnare il 2023 sul lato energetico: la proposta di riforma del mercato elettrico dell’Ue che la Commissione europea ha avanzato lo scorso 14 marzo. In un primo tempo scettica sull’argomento, dalla primavera dell’anno scorso la Commissione Ue ha abbandonato gli indugi, abbracciando pienamente l’idea di una riforma del mercato elettrico che non sia solo una risposta alle necessità immediate, ma una soluzione a lungo termine per ottimizzarne il funzionamento.
Prima ancora che la proposta fosse avanzata, il dibattito a livello comunitario si è polarizzato, come sul price cap. Da un lato, Paesi come la Germania e Paesi Bassi hanno scoraggiato un intervento strutturale sul mercato esortando la Commissione a fare un intervento più mirato, e chi, come Spagna, la Francia e anche l’Italia, ha spinto per mesi su una riforma importante, che includesse anche il disaccoppiamento dei prezzi dell’energia elettrica prodotta dal gas da quella prodotta da altre fonti di energia. La proposta è infine arrivata lo scorso 14 marzo, come uno dei tre pilastri normativi del Piano industriale per il Green Deal che la Commissione europea ha presentato per rispondere alla sfida della corsa alle tecnologie verdi con Cina e Stati Uniti.
Nell’idea di Bruxelles la proposta mira a contribuire a ridurre la volatilità dei prezzi, migliorare la liquidità del mercato, garantire gli scambi commerciali (di energia) tra gli Stati membri. Ma nei fatti è una proposta di intervento meno strutturale e audace di quanto inizialmente previsto e richiesto da Paesi come la Francia, la Spagna e anche l’Italia, in cui è assente una vera e propria proposta di disaccoppiamento (‘decoupling’) dei prezzi del gas da quelli dell’elettricità per evitare l’effetto contagio, anche se la Commissione nella sua proposta sottolinea di puntare a ottenere lo stesso risultato – ovvero ridurre l’impatto dei prezzi dei combustibili fossili sul mercato – orientando il mercato sui contratti a lungo termine, sia accordi di acquisto di elettricità a lungo termine (Ppa) sia i contratti per differenza (Cfd), per garantire più stabilità con i prezzi. Superata in parte l’emergenza energetica, sembra che l’assenza di una proposta concreta di disaccoppiamento non abbia scontentato nessuno. Ora sono in corso i negoziati in parallelo tra gli Stati membri al Consiglio Ue e tra gli eurodeputati al Parlamento europeo, con l’idea di finalizzare un accordo entro la fine del 2023. Sul fronte del Parlamento europeo, l’eurodeputato spagnolo Nicolas Gonzalez Casares (S&D), relatore per questo dossier, ha presentato la sua proposta di relazione, con l’idea di adottarla in commissione per ricerca, industria ed energia (Itre) il 19 luglio e poi in plenaria a settembre. Sul lato del Consiglio, si lavora a livello di gruppi tecnici ma l’idea – vista l’assenza di evidenti fratture tra i governi – è quella di arrivare a una posizione comune già il prossimo mese, al Consiglio Energia che si terrà il 19 giugno. Nulla ancora di sicuro, ma ciò che sembra invece certo è che in nessuno dei due fronti ci sia l’intenzione di riaprire la questione del ‘decoupling’ all’interno della riforma del mercato elettrico.
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