In Italia, il settore agricolo è il più grande utilizzatore di acqua (assorbe il 60% dei consumi complessivi) e il comparto è quindi uno dei primi settori a essere colpiti dalla siccità, dal momento che dipende strettamente dalla disponibilità naturale di acqua e dagli schemi di irrigazione. E’ quanto rileva il decimo Rapporto ‘La Bioeconomia in Europa’, redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster SPRING e Assobiotec – Federchimica.
Fra i Paesi europei si riscontrano significative differenze nella diffusione e nell’importanza delle pratiche irrigue, che dipendono dalle condizioni climatiche e dal tipo di colture praticate. I prelievi di acqua a scopi irrigui risultano concentrati in un numero esiguo di Paesi: Spagna, Italia, Grecia, Francia e Portogallo da soli hanno inciso per il 96% dell’acqua estratta per l’agricoltura nell’UE-28 tra il 2008 e il 2017. I dati sull’incidenza della superficie irrigata sulla Sau (Superficie Agricola Utile, ovvero il totale delle superfici aziendali destinate all’agricoltura) confermano le significative differenze nelle necessità idriche: in Italia il 20,2% della Sau risulta irrigata e il Paese è uno di quelli con la più elevata propensione all’irrigazione. Solo Malta, Cipro e la Grecia mostrano incidenze maggiori; in Spagna l’area irrigata è pari al 13,2% della superficie agricola utilizzata. In alcuni Paesi la percentuale di Sau interessata dalla pratica irrigua è marginale (inferiore al 2%), si tratta in prevalenza di paesi del Nord Europa. Francia e Germania, pur disponendo di una notevole disponibilità di superficie irrigabile, evidenziano una propensione all’irrigazione modesta (in Francia circa il 5% della Sau è stato irrigato, in Germania il 2,7%).
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