“L’Europa non fa innovazione sull’auto da vent’anni. La crisi non deriva solo dal mercato dell’elettrico, che non decolla, ma è proprio una crisi d’identità del nostro settore automotive”. Lo dice Giuseppe Sabella è direttore esecutivo di Oikonova, think tank specializzato in lavoro e sviluppo sostenibile. “Da tempo prevedo che il primo dossier che Ursula von der Leyen dovrà affrontare sia quello dell’auto. È un problema molto serio per l’industria del Vecchio Continente, sia per le difficoltà del mercato sia per il quadro normativo che oggi definiamo sbagliato ma qualche anno fa quasi tutti ritenevano adeguato. Anzi, erano gli stessi costruttori a credere che, con queste norme, i consumatori sarebbero stati spinti a cambiare l’auto. E così si sarebbe rivitalizzato un mercato da troppo tempo in contrazione”, spiega in una intervista a la Stampa. “I costruttori hanno compreso che il motore elettrico non sarà l’unica tecnologia della mobilità del futuro – argomenta ancora -. E poi, l’attuale quadro normativo favorisce i produttori cinesi, inevitabilmente più avanti dato che il motore elettrico è una loro invenzione. Ma quando è stato pensato il Green Deal, prima della pandemia, vivevamo una fase di buona integrazione tecnologica e commerciale con la Cina. Così, in quel momento, costruttori e Commissione hanno puntato su quel prodotto, anche in funzione della riduzione delle emissioni di CO2”. Sabella non crede che “l’Europa resti così rigida sulle sanzioni. Serve un ripensamento totale, altrimenti ci facciamo del male da soli. Cambiare le norme non è facile, servono i giusti tempi ed è indispensabile mettere in conto qualche impedimento. Ma può succedere di tutto. Sono convinto che si arriverà al punto e si affronterà la crisi, che di queste dimensioni non è mai stata vissuta prima”.
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