“Nell’attuale situazione delle economie europee, il ribasso dello 0,25 per cento del tasso base di interesse, decisa dalla BCE, non è una medicina miracolosa. E’ l’inizio di una cura, non la cura stessa. Lenisce ma non guarisce, fa soffrire di meno l’economia malata dell’Europa ma non la fa uscire dall’ospedale”. Lo scrive l’economista mario Deaglio in un suo intervento su La Stampa. “Perché non ci sono motivi per essere molto contenti? Perché, oltre all’inflazione, è scesa anche la ‘vitalità’ dell’economia europea, con un vistoso rallentamento negli ultimi due trimestri in quasi tutti i paesi e con prospettive di crescita sensibilmente ridotte per il 2025 – prosegue Deaglio -. Da questa trappola non si esce semplicemente riducendo i tassi e neppure tagliando la spesa pubblica, la cui “qualità” va senz’altro migliorata. Occorre invece investire di più, come è ben noto. Quest’obiettivo è però difficile da realizzare per economie, a cominciare da quella italiana, che da più di vent’anni dedicano poche, o addirittura pochissime risorse agli investimenti. Si può cercare di realizzarlo passando per Francoforte (dove ha sede la Bce) ma soprattutto da Bruxelles e Strasburgo, dove hanno sede Commissione e Parlamento europei”.
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