“Il problema principale per le imprese italiane non è più pagare un dipendente, ma trovare personale qualificato disposto e capace di lavorare. È questa la vera emergenza del mercato del lavoro. È inutile discutere di salari minimi se non affrontiamo la radice del problema: la mancanza di competenze tecniche e professionali nel nostro sistema produttivo. Oggi nelle aziende private già supera di gran lunga il salario minimo. Il rischio è che i posti di lavoro ci siano ma restino vuoti”. Lo ha dichiarato il presidente di Confimprenditori, Stefano Ruvolo, a margine del dibattito con il segretario generale FISMIC, Roberto Di Maulo, dedicato ai nodi strutturali del rapporto tra lavoro e impresa in Italia.
“Oggi il 51,5% delle imprese italiane fatica a reperire personale, una percentuale in crescita di oltre 10 punti rispetto al 2020. Nei settori manifatturiero e tecnico-produttivo lo squilibrio supera il 60%, con picchi del 70% nell’automotive e nella meccatronica. Ciò significa che più di un milione di posti restano potenzialmente scoperti ogni anno per mancanza di competenze adeguate. Gli stipendi possono crescere solo se cresce la produttività. E la produttività cresce se aumentano le competenze. Ecco perché il vero investimento da fare oggi non è sul salario minimo, ma sulla formazione continua, la contrattazione decentrata e la valorizzazione del merito. Le aziende italiane sono pronte a pagare di più, ma hanno bisogno di persone che sappiano creare valore. È questa la vera sfida per il futuro del lavoro e della crescita.”
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