“Il sistema autorizzativo spagnolo particolarmente favorevole, ha portato ad avere un gran numero di impianti fotovoltaici distribuiti”. Così Susanna Dorigoni, docente di Economia dell’energia e dell’ambiente nelle università Bocconi e Bicocca di Milano. In un colloquio con Il Corriere della Sera spiega che ci sono “piccoli impianti che non sono nei radar dell’operatore, che quindi non sa se l’energia prodotta sarà consumata a livello locale o se sarà ceduta alla rete e non può agire in caso di necessità di distacco perché c’è scarsità di domanda. L’aumento della generazione da rinnovabili non programmabili rende i sistemi più complessi e più vulnerabili sia a eventi endogeni che esogeni. La loro integrazione nel sistema elettrico richiede investimenti per consentire alla rete di mantenere la stabilità”. E ancora: “Per la stabilità della rete è cruciale avere anche una produzione programmabile, che possa aumentare o diminuire rapidamente la potenza in uscita per mantenere la frequenza entro certi limiti, come gli impianti a gas, l’idroelettrico e il nucleare. E il fatto che questi ultimi rappresentassero una piccola parte del mix ha contribuito a causare l’estensione del blackout e a ritardare la rimessa in funzione della rete”.
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