L’accordo raggiunto dal premier Mario Draghi con il presidente turco Erdogan per la ripresa del passaggio delle navi cariche di cereali sul Mar Nero è importante per salvare dalla carestia quei 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione e risentono quindi in maniera devastante dall’aumento dei prezzi dei cereali causato dalla guerra, ma anche per ridurre l’inflazione in quelli ricchi. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare i risultati del vertice ad Ankara con l’intesa per assicurare i traffici commerciali ed evitare la fame nel mondo, soprattutto in Africa. L’inevitabile indebolimento della produzione agricola ucraina e la paralisi dei porti del Mar Nero hanno sottratto – rileva Coldiretti – un bacino cruciale per l’approvvigionamento alimentare di vaste aree del pianeta. Russia e Ucraina rappresentano, sommate, poco più del 30% delle esportazioni di cereali, oltre il 16% di quelle di mais e oltre il 75% di quelle di olio di semi di girasole, secondo un’analisi del Centro Studi Divulga. Tra i più dipendenti dalle esportazioni cerealicole russe e ucraine, ci sono il vicino Egitto che importa il 70% dei cereali dai porti del Mar Nero, il Libano circa il 75% e lo Yemen poco meno del 50% – spiega Coldiretti – e la situazione non è molto diversa in Libia, Tunisia, Giordania e Marocco. In molte di queste aree l’esposizione alle fluttuazioni di mercato si combina con l’incremento del costo statale dei sussidi per l’acquisto del cibo, che in questi contesti risulta una pratica molto diffusa. Il rischio è che, con l’aumento dei prezzi e delle spesa pubblica, la coperta risulti sempre più corta e fette sempre più ampie della popolazione possano restare senza protezione. (Segue)
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