Categories: Clima e ambiente

Cala impatto ambientale comparto pharma: emissioni dimezzate in 10 anni

Con oltre 34 miliardi di valore della produzione e 67mila addetti, l’industria farmaceutica italiana rappresenta uno dei principali poli del settore nel mondo. Una realtà che, secondo l’ultimo report Indicatori Farmaceutici pubblicato da Farmindustria, ha imboccato con decisione la strada della transizione ecologica. La produzione e il consumo di medicinali infatti, pur essendo attività cruciali per il benessere umano (lo si è visto in modo chiaro con lo scoppio della pandemia), hanno un impatto a livello ambientale sotto due aspetti: da un lato l’emissione di gas serra, dall’altro la potenziale dispersione di residui farmaceutici nell’ambiente che possono causare tossicità e favorire la resistenza microbica. Non è un caso che l’Onu già da qualche anno abbia definito l’inquinamento farmaceutico come una priorità globale emergente, anche se in realtà i dati concreti a disposizione non sono molti. Tra i pochi studi ad aver analizzato le emissioni di gas serra generate dall’industria farmaceutica c’è quello di due ricercatori della facoltà di Ingegneria dell’università canadese McMaster: secondo questa analisi, nel 2015 le maggiori case sono state responsabili dell’emissione di 52 milioni di tonnellate di CO2, dato superiore a quello dell’industria automobilistica (46,4 milioni).

Tornando al contesto italiano, Farmindustria sottolinea che nel giro di un decennio (2009-2019) il comparto pharma ha ridotto i consumi energetici del 43,5% e del 51,1% le emissioni nell’atmosfera. Numeri rilevanti che assumono ancora maggior spessore se rapportati a quelli dell’intera industria manifatturiera italiana, attestata rispettivamente al 22,3% e 27,6%. In soldoni, il mondo pharma ha viaggiato al doppio della velocità del resto dell’industria sulla strada della riduzione di consumi e emissioni.

Non solo: secondo Farmindustria, il 55% delle aziende del ramo è già attivamente impegnato nella riduzione o nell’eliminazione dell’uso della plastica in ogni fase del processo produttivo, mentre circa la metà è dotata di sistemi di monitoraggio dell’impatto ambientale con indicatori specifici. L’impegno green è stato certificato anche da un’indagine Istat secondo cui l’industria farmaceutica è quella con la più alta percentuale di imprese ad avere introdotto innovazioni per ridurre il consumo di materiali o acqua per unità di prodotto.

Alla base di questi risultati c’è soprattutto la capacità di investire in tecnologie verdi messa in mostra dal comparto. Negli ultimi 5 anni il differenziale degli investimenti in protezione per l’ambiente per addetto rispetto alla media nazionale – spiega sempre Federfarma – è pari al +150%. Mentre il dato sale a oltre il +200% per quanto concerne le spese in tecnologie destinate alla prevenzione dell’inquinamento, che azzerano o riducono l’inquinamento alla fonte del processo produttivo. Più in generale, l’industria farmaceutica si dimostra una vera locomotiva per la ricerca in Italia: nel 2021 le imprese del settore hanno investito in R&S 1,7 miliardi di euro, il 6% del totale del nostro Paese (+3,7% rispetto al 2020, +14% in 5 anni).

Nadia Bisson

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