Cop29, dal G20 segnale forte su finanza climatica ma non su donatori ed emissioni

Baku chiama, Rio risponde a metà. Nella notte tra lunedì e martedì, i Capi di stato e di Governo del G20, riuniti in Brasile, rilasciano una dichiarazione finale che dà input per aumentare la finanza sul clima, ma non sulla platea dei Paesi donatori e sulla riduzione delle emissioni.

Il padrone di casa, Luiz Inacio Lula da Silva, invita i leader a “non rimandare” al 2025 il “compito” dei negoziati sul clima in corso alla Cop29. “Nella lotta per la sopravvivenza, non c’è spazio per la negazione e la disinformazione”, tuona il presidente brasiliano, che il prossimo anno ospiterà la Cop30 a Belem, in Amazzonia, “la nostra ultima possibilità di evitare una rottura irreversibile del sistema climatico”, chiosa.

Alla Cop29 intanto si lavora per produrre una prima bozza di testo sul nuovo obiettivo di finanza climatica entro mercoledì sera, che dovrà partire dalla dimensione minima di mille miliardi di dollari. Il negoziatore capo, Yalchin Rafiyev, rivendica un iter “inclusivo e trasparente”, ma condizionato alla buona volontà delle parti: “Siamo stati attivi, abbiamo accelerato il ritmo, abbiamo intensificato l’impegno e ora chiediamo a tutti di essere all’altezza della situazione”, esorta.

Nuovi piani climatici nazionali più incisivi sono “essenziali”, ricorda Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Unfccc, la Convenzione quadro dell’Onu sul clima. Ma l’urgenza è che “tutte le nazioni evitino chiusure e si muovano rapidamente verso un terreno comune, su tutte le questioni”, avverte.

Dal canto suo, l’Ue fa da ponte sia con la Cina sia con i Paesi in via di sviluppo per forgiare un compromesso finanziario entro venerdì. Nello stadio della capitale azera, l’Europa negozia discretamente con la Cina e promuove un’alleanza “ad alta ambizione” con Paesi del Sud, come il Kenya e la Repubblica di Palau. “Continueremo a fare da apripista e a fare la nostra parte, e anche di più”, assicura il commissario per i negoziati sul clima, Wopke Hoekstra. Però, gli europei non vogliono rinunciare alla “transizione” dai combustibili fossili: “non possiamo permetterci di tornare indietro”, insiste il commissario.

Nella risoluzione del G20 c’è il sostegno a un accordo finanziario “forte” per la Cop29, compresa la necessità di “aumentare rapidamente e sostanzialmente i finanziamenti per il clima da miliardi a trilioni da tutte le fonti”. E i leader potrebbero prendere in considerazione nuove tasse sul trasporto marittimo, sull’aviazione e sui grandi patrimoni. Misure che, tutte insieme, potrebbero generare risorse per circa 150 miliardi di dollari all’anno.

Supporto anche ai nuovi contributi per il Fondo per lo sviluppo di Banca Mondiale, l’Ida, che include l’allargamento della base dei donatori. Da un bilaterale con il Presidente della Banca Mondiale, Ajay Banga, Giorgia Meloni annuncia l’intenzione dell’Italia di aumentare il proprio contributo al rifinanziamento triennale dell’International Development Association, pur non pronunciandosi sulla cifra. L’obiettivo è permettere all’organo, che destina il 75% delle risorse all’Africa, di rafforzare il proprio sostegno ai progetti realizzati nel quadro del Piano Mattei.

Nel documento di Rio però non c’è un chiaro indirizzo sull’impegno per “una giusta, ordinata ed equa transizione dai combustibili fossili nei sistemi energetici”, che era stato ottenuto nell’ultima Cop a Dubai lo scorso anno.

“I negoziati sono in corso”: non si sbilancia il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, arrivato a Baku ieri sera. “Si sta ragionando sull’entità del fondo, su come raggiungere i nuovi goal e si ragiona su portare a 10 anni il periodo di erogazione dei fondi”, fa sapere. La situazione dei negoziati, ammette, è “ancora abbastanza difficoltosa”, riferisce. Il ministro fa riferimento al dossier Cina (che non vorrebbe rientrare direttamente tra i Paesi contributori) e al nodo della mitigazione, cioè l’abbassamento delle emissioni (che i Paesi via di sviluppo non vogliono tenere in considerazione per non frenare la propria crescita).

Per allargare la platea dei donatori, la ricetta italiana è quella di coinvolgere i fondi multilaterali. Così facendo, si rimpinguerebbe la base dei finanziatori. Sarebbe anche un modo per far contribuire in maniera più consistente la Cina, presente in modo massiccio nei fondi asiatici: “La Cina rimarrebbe in una condizione di contributore ma anche di fruitore, questo è uno degli elementi”, suggerisce Pichetto.

Di sicuro, dalla presidenza della Cop arriva la richiesta di includere i privati. “La posizione di tutti noi è unanime: gli attuali finanziamenti per il clima non sono sufficienti e devono essere incrementati”, spiega il capo negoziatore, ribadendo che “il coinvolgimento del settore imprenditoriale è molto importante”. Richiesta che si scontra con quella del G77 (organizzazione intergovernativa delle Nazioni Unite, formata da 134 paesi del mondo, principalmente in via di sviluppo) e della Cina. Il presidente del gruppo negoziale, Adonia Ayebare, lamenta l’assenza, nel comunicato del G20, di una specifica sui contributori: “Abbiamo chiesto chiaramente che i fondi provenissero da fonti pubbliche, sotto forma di prestiti a tassi preferenziali o di sovvenzioni”, riferisce, pur ritenendo il documento “un buon tassello” per un accordo da qui alla fine della COP29, venerdì.

Un altro modo per dare più respiro al piano di finanza climatica, per l’Italia, è quello di considerarlo decennale e di escludere meccanismi vincolanti annuali. Roma conferma gli impegni sui fondi definiti finora: la disponibilità sul fondo clima, l’impegno sul Loss and Damage e la piena volontà di discutere un nuovo quadro finanziario. A una condizione però, mette in chiaro Pichetto: “che sia essere legato a un sistema di misurazione delle ricadute”. In altre parole, chi finanzia deve sapere esattamente in che modo andranno spesi quei soldi.

Elena Fois

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