In Vaticano differenziata al 70% e software di tracciamento rifiuti

Un’altissima percentuale di differenziata e campagne anti-spreco: così lo Stato Città del Vaticano, plastic free dal 2018, gestisce i suoi rifiuti. Percorrendo i viali acciottolati dei grandi giardini, in parte ancora lastricati da sanpietrini, si raggiunge una piccola isola ecologica.

Rifiuti elettronici da un lato, compost dall’altro, un compattatore per la carta, cumuli di plastica, un raccoglitore di oli esausti. Tutto è separato. Spicca, in un angolo, un trituratore industriale: serve a fare a brandelli documenti sensibili che non possono uscire dallo Stato, un modo per limitare quanto possibile nuove fughe di notizie. Qui gli abitanti o i lavoratori possono portare fisicamente i rifiuti che non sanno come smaltire e i piccoli camion depositano i sacchi in attesa di trasportarli fuori dalle mura.

Quest’anno le 1.100 tonnellate di rifiuti urbani prodotte sono state differenziate per il 70% (fino al 2017 si arrivava al 42%): “In quattro anni abbiamo fatto un passo importante, è stato veramente impegnativo“, racconta a GEA Rafael Tornini, responsabile del Servizio giardini e ambiente. Obiettivo? “Puntiamo al 75% e, se riusciamo, ad andare anche oltre“. Con il tipo di rifiuto prodotto e una campagna di sensibilizzazione ben fatta “si potrebbe superare l’80-85%, prevede.

Tutta la tracciabilità dei rifiuti è gestita da un software che tiene sotto controllo i movimenti: “Il Sistema di controllo, la pesatura, il riconoscimento del materiale, tutto è gestito in automatico“, spiega il dirigente.

Il 90% della spazzatura vaticana va in Italia, “il 30% di indifferenziato finisce a Malagrotta o dove possiamo“, afferma. La carta invece viene recuperata, con un contributo: “Quindi per noi è una risorsa, lo scorso anno abbiamo fatto 180 tonnellate di recupero di carta e cartone“.

La catena dei rifiuti speciali si gestisce dall’interno, “82 codici cer, differenziati al 99,8% del materiale“, afferma il dirigente. Di questi il 70% va a riciclo (rifiuti elettronici, oli esausti, batterie, acidi, pitture, vernici, frigoriferi, materassi…).

La frazione umida finisce invece in compostiera e viene poi utilizzata come fertilizzante per i giardini. Prima, veniva inviata nell’impianto di compostaggio Celano, che ne gestisce 150mila tonnellate all’anno.

Oggi possiamo gestire 200 tonnellate all’anno di umido. Facciamo un compost di qualità, miscelato all’altra catena che abbiamo: una linea viene dall’umido delle mense, l’altra dagli scarti di potature e sfalci con due catene separate (la compostiera elettromeccanica e i cumuli). A processo finito, viene prodotta una miscela“, riferisce Tornini. In questo modo, si riesce a gestire il 100% dell’umido. “Quest’anno siamo un po’ in crisi – confessa -, finita la pandemia stanno aumentando le utenze nei musei soprattutto, quindi siamo quasi al limite della capienza della compostiera. Stiamo pensando di ampliarla“.

 

Nadia Bisson

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