Papa Leone: “La strada dell’Accordo di Parigi resta lunga e complessa”

Un multilateralismo “coeso e lungimirante” e una nuova architettura finanziaria internazionale incentrata sull’uomo. E’ quello che Papa Leone XIV chiede ai leader mondiali riuniti a Belém, in Amazzonia, prima delle due settimane di trattative della Cop30. Parole lette dal segretario di Stato, Pietro Parolin, che sottolinea come negli accordi si debba garantire a tutti i paesi, specialmente ai più poveri e ai più vulnerabili ai disastri climatici (“sono i primi a subire i devastanti effetti del cambiamento climatico”, sottolinea) di raggiungere il loro “pieno potenziale” e di vedere rispettata la “dignità” dei loro cittadini.

Un’ architettura che, precisa, “dovrebbe tenere conto anche del legame tra debito ecologico e debito estero”. “Il tempo si è fatto breve”, sottolinea ai media vaticani Parolin, che guida la delegazione della Santa Sede al vertice sul clima. Il Segretario di Stato fa eco alle parole del Papa e spiega come la riflessione e l’azione sui cambiamenti climatici possa essere un’occasione per rilanciare il multilateralismo che da anni vive “una crisi grossissima”.

Ciò che occorre è, per il Pontefice, un’educazione all’ecologia integrale che spieghi perché le decisioni a livello personale, familiare, comunitario e politico “plasmano il nostro futuro comune”, sensibilizzando alla crisi climatica e incoraggiando mentalità e stili di vita che “rispettino maggiormente il creato e salvaguardino la dignità della persona e l’inviolabilità della vita umana”. Dieci anni dopo, la strada per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi resta “lunga e complessa”, ammette Robert Prevost, esortando gli Stati ad “accelerare con coraggio” l’attuazione dell’Accordo e della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

Il successore di Pietro cita Papa Francesco e l’enciclica Laudato Si’, quando spera che tutti i partecipanti alla Cop30 vendano “ispirati ad abbracciare con coraggio” la conversione ecologica chiesta da Bergoglio “nel pensiero e nelle azioni, tenendo presente il volto umano della crisi climatica”. In un contesto funestato da guerre e tensioni, in cui l’attenzione della comunità internazionale sembra concentrarsi principalmente sui conflitti tra le nazioni, “se volete coltivare la pace, prendetevi cura del creato”, scrive Leone, nella piena consapevolezza che la pace è minacciata anche dalla mancanza di rispetto per l’ambiente, “dal saccheggio delle risorse naturali e dal progressivo declino della qualità della vita a causa dei cambiamenti climatici”. Basta quindi, sostiene, con “l’egoismo collettivo, il disprezzo per gli altri e miopia”. In un mondo in fiamme, la Conferenza diventi un “segno di speranza”, mettendo da parte gli interessi e “tenendo presente la responsabilità reciproca e nei confronti delle generazioni future”.

Vittorio Oreggia

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