Ricci di mare sentinelle del cambiamento climatico: colpa di inquinamento e acidificazione

Photocredit: Ispra

I ricci di mare sono diventati più sensibili all’inquinamento di rame a causa dei cambiamenti climatici e dell’acidificazione del Mediterraneo. Il gruppo di ricerca Ispra con sede a Livorno, in collaborazione con una ricercatrice dell’Università di Nottingham, ha pubblicato su Marine Pollution Bulletin i risultati di una attività di laboratorio ventennale condotta utilizzando il riccio di mare. I dati hanno dimostrato come i cambiamenti climatici e l’acidificazione degli oceani, che sta già avvenendo nel mar Mediterraneo, abbiano causato una riduzione della tolleranza di una popolazione naturale di riccio alla tossicità del rame. Tale conclusione, spiegano i ricercatori, “supporta la necessità di rivalutare le conoscenze che oggi abbiamo dei contaminanti ambientali nel contesto dei futuri cambiamenti dell’ambiente”.

Il Mar Mediterraneo, infatti, rappresenta un laboratorio naturale per dedurre i possibili impatti dei cambiamenti climatici e dell’acidificazione degli oceani. La ricerca ha mostrato peggioramento della capacità delle larve di riccio di mare (Paracentrotus lividus) di far fronte alla tossicità del rame negli ultimi 20 anni. A partire dalle misurazioni satellitari, gli esperti hanno valutato l’influenza di 5 fattori ambientali, cioè pH, salinità temperatura, CO2 e ossigeno. Considerando il continuo aumento delle concentrazioni di CO2 registrato di recente, questo studio potrebbe rivelare un rapido deterioramento delle condizioni di salute della popolazione di Ricci di mare in un ecosistema costiero.

Circa il 30% della CO2 antropogenica è stato assorbito dalla superficie dei mari e degli oceani e a ciò consegue l’alterazione della composizione chimica dell’acqua marina. Dall’inizio dell’era industriale, il pH degli oceani si è abbassato di circa 0.1-0.15 unità e questo calo corrisponde ad un aumento in concentrazione di circa il 30% di ioni idrogeno e quindi ad un forte aumento dell’acidità dell’acqua. Se non verranno apportate sostanziali restrizioni delle emissioni, la concentrazione di CO2atmosferica potrebbe arrivare attorno alle 450 parti per milione (ppm) entro il 2100. Oggi siamo arrivati al valore di 410 ppm, partendo da 280 ppm dell’era pre-industriale. Si prevede che gli oceani saranno progressivamente più acidi ed il loro pH si abbasserà di 0.4 unità entro il 2100, passando da circa 8.1 a circa 7.7.

I Ricci di mare sono considerati una specie “modello” per lo studio dei cambiamenti climatici, anche perché hanno una funzione fondamentale per gli ecosistemi marini. Sono moltissime le ricerche che analizzano l’effetto antropico su questa specie e tutti mostrano impatti molto forti: si va da anomalie della crescita delle larve a ritardi nello sviluppo.

Valentina Innocente

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