Smog, in Ue 18% morti cardiovascolari per inquinamento: Italia settima

Ridurre il rumore dei trasporti, aumentare il verde urbano, sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi cardiovascolari: sono alcuni dei suggerimenti che l’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea) lancia dal momento che, “inquinamento atmosferico, temperature estreme ed esposizione a sostanze chimiche nocive, causano circa un decesso cardiovascolare su cinque nell’Unione europea”.

Un’incidenza che varia tra i Paesi membri e che, in Italia, trova la settima percentuale più elevata nell’Ue, il 21,17%, dopo Bulgaria (23,98%), Polonia (23,69%), Croazia (22,4%), Grecia (22,07%), Romania (21,83%), Slovacchia (21,76%), e seguita da Ungheria (21,01%). È quanto emerge dal rapporto dell’Aea pubblicato oggi dal titolo ‘Prevenire le malattie cardiovascolari attraverso un ambiente sano’ che, se da un lato suona la sirena sul legame tra ambiente e salute, dall’altro sottolinea anche come i rischi possano essere prevenuti con politiche ambientali che tutelino milioni di europei dalle malattie cardiache. Per completare la fotografia delle percentuali tra i Paesi membri, Finlandia (9,72%), Svezia (10,01%) e Lussemburgo (12,31%) hanno i tassi minori. Ad attestarsi nella parte più bassa della classifica sono anche Irlanda (12,69%), Estonia (12,94%), Danimarca (13,43%), Paesi Bassi (13,52%), Germania (13,73%) e Francia (13,99%). Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nell’Ue – nel 2022 ne sono morte oltre 1,7 milioni di persone, pari a un terzo di tutti i decessi di quell’anno – e, in base alle stime, almeno il 18% di tali patologie è causato dai principali fattori ambientali.

Inoltre, ogni anno vengono diagnosticati più di 6 milioni di nuovi casi, con un costo per l’Europa di circa 282 miliardi di euro. Sebbene i singoli fattori che le causano, come la genetica e l’età avanzata, “siano più difficili da modificare”, altri elementi, legati ad ambiente e comportamenti, “possono essere affrontati” con azioni mirate. E “la storia dell’Ue nella riduzione dell’inquinamento atmosferico dimostra che tali politiche funzionano: l’Unione è già sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo del piano d’azione ‘inquinamento zero’ di ridurre i decessi prematuri attribuibili all’inquinamento atmosferico di oltre il 55% entro il 2030, rispetto al 2005”, commenta l’Aea.

All’indice ci sono l’inquinamento atmosferico, le temperature e gli eventi meteorologici estremi, il rumore dei trasporti, l’esposizione chimica a sostanze tossiche (inclusi metalli pesanti e sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino). Tutti fenomeni che in Europa variano da regione a regione. Ma l’attuazione delle politiche già esistenti è “il primo passo fondamentale”, per l’Agenzia. Inoltre, è possibile contrastare ulteriormente i fattori di rischio attraverso interventi come “la riduzione del rumore dei trasporti” e “l’applicazione delle normative chimiche”, per accelerare l’eliminazione graduale delle sostanze cardiotossiche e promuovere alternative più sicure. O come la preparazione di sistemi sanitari agli impatti climatici sulla salute cardiovascolare “attraverso sistemi di allerta precoce, campagne di sanità pubblica e supporto mirato per i gruppi vulnerabil”; la facilitazione del coinvolgimento del personale sanitario “aumentando la disponibilità di contenuti ambientali nei programmi di studio medico e infermieristico”; la promozione dell’approccio One Health, cioè di proteggere insieme la salute umana, animale e dell’ecosistema con conseguenti benefici più ampi per tutti. Infine, l’Agenzia raccomanda “di sensibilizzare e istruire l’opinione pubblica” su tali rischi cardiovascolari, promuovendo cambiamenti di stile di vita, e di introdurre soluzioni basate sulla natura perché “il verde urbano, i parchi, i corridoi verdi e gli spazi blu riducono il rischio cardiovascolare migliorando la qualità dell’aria, riducendo l’inquinamento acustico e incoraggiando l’attività fisica”

Valentina Innocente

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