GUIDO CROSETTO MINISTRO DELLE DIFESA
E’ arrivato il momento di “correre” con “visione e responsabilità” per “guidare il processo di rinnovamento” del sistema della difesa. Ma non solo: in un contesto globale “instabile” e di fronte alle “crescenti minacce” è necessario “ridefinire tutto il quadro” del settore e, per questo, all’inizio del 2026 “dovrò porre questo tema a Camera e Senato” perché “i tempi sono maturi”. In audizione presso le Commissioni Difesa delle due camere, nell’ambito dell’esame del documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2025-2027, il ministro Guido Crosetto traccia linea di quella che dovrà essere “la difesa del futuro”. Tanti i temi in gioco, riuniti attorno a una certezza: il mondo non è più quello dell’inizio del 2022, perché l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha scompigliato le carte sul tavolo e ora “siamo chiamati insieme a costruire una protezione per la nostra nazione, una difesa più adeguata ai rischi attuali”.
Rischi, ricorda il ministro, che non sono soltanto quelli ‘tradizionali’, ma che si manifestano nella “War of drones, caratterizzata da un sempre più rapido ciclo di innovazione tecnologica”. Questo perché le tecnologie emergenti “assumono un ruolo chiave nelle dinamiche strategiche militari industriali. La crescente accessibilità a nuove tecnologie consente anche a soggetti ostili di acquisire strumenti avanzati a basso costo, difficili da identificare e contrastare come droni e mini droni, impiegabili individualmente o in sciame”.
Ecco perché, dice Crosetto “investire in sicurezza rappresenta direttamente o indirettamente un motore fondamentale per la crescita economica nazionale in termini di di ritorno, di effetti positivi sul piano occupazionale, di esportazioni, di acquisizione di tecnologia”. Ma per farlo, “non basta una visione politica, serve un impegno industriale. “Serve un passo” in avanti “non solo da parte delle istituzioni anche anche dell’industria”. Soltanto in questo modo è possibile avere “infrastrutture e tecnologie che rafforzano la sicurezza nazionale ma al tempo stesso producono benefici per cittadini, territori, imprese, università, tessuto sociale”. E anche l’Europa, su questo fronte, deve fare di più. Serve “un mercato europeo della difesa aperto e competitivo, capace di favorire soluzioni innovative e sostenibili, fondato sulla definizione dettagliata degli standard e requisiti tecnici sulla base dei quali ciascuno stato può fornirsi come e dove vorrà”.
Il documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio da qui al 2027 ha l’obiettivo di costruire uno strumento “che sia in grado di operare in quello che si chiama multidominio. Per operare dove serve, nelle città, sul mare, sui fondali marini, nei nostri cieli, nello spazio, nel cyberspazio, nell’ibrido, mantenendo un equilibrio nella delicata alchimia tra forze convenzionali e altre tecnologie”. Per farlo, però, servono risorse da mettere sul piatto. A partire da 4,4 miliardi di euro per il Dome nazionale , cioè lo scudo, “che non abbiamo mai avuto e non più rinunciabile”. Non si tratta di un singolo sistema, chiarisce Crosetto, ma di “un ecosistema, un’architettura protettiva che integra superiorità aerospaziale, difesa missilistica e in prospettiva antidrone”. Lo spazio, infatti, “è parte integrante della postura difensiva nazionale e lo sarà sempre di più”.
Il dominio cyber resta uno dei punti fermi, “una delle dimensioni più strategiche trasversali” perché “costituisce la spina dorsale della sicurezza nazionale in ambito digitale”. In questo ambito l’impegno finanziario è di 500 milioni all’anno “in parte già avviati” ma che “sono troppo poco”.
Nel corso dell’audizione Crosetto è tornato anche sul tema del servizio volontario. Durante la visita in Francia, “un giornalista mi ha chiesto cosa pensassi della leva volontaria”, ricorda, e “tutti i giornali italiani hanno iniziato a parlare” di questo tema “senza che nessuno ne conoscesse la genesi. ma non tutto il male viene per nuocere perché si è innescato il dibattito”.
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