Borse si rialzano con apertura Usa su dazi. Mercati respirano: Milano chiude a +2,4%

Le Borse europee si rialzano dopo i colpi da ko delle ultime tre sedute. Ancora frastornate dai tonfi culminati nel proverbiale ‘lunedì nero’, le piazze del Vecchio Continente hanno sperimentato l’ennesimo rimbalzo, alimentate dalle possibili trattative sui dazi tra l’amministrazione statunitense e alcuni Paesi colpiti, in particolare Giappone e Corea del Sud. Anche il governo di Pechino, pur sottolineando che “lotterà fino alla fine”, non ha escluso il dialogo con Washington. Ma il tempo stringe. Dopo il 34% annunciato la scorsa settimana, i dazi sui prodotti cinesi dovrebbero raggiungere il 104% a partire da domani.

Lo stesso Donald Trump ha annunciato che “anche la Cina vuole fare un accordo, ma non sa come avviarlo” e che “aspetta una chiamata”. Nel frattempo sono arrivate quelle da Tokyo, con il premier giapponese Shigeru Ishiba che ha annunciato di aver “concordato” di “proseguire” le trattative sui dazi, e da Seul, con il presidente ad interim Han Duck-Soo. A frenare la caduta dei listini e a riportarli in territorio positivo erano state le dichiarazioni di alcuni membri dell’amministrazione Trump, indotti a mediare dopo il tracollo di Wall Street. Primo tra tutti il segretario al Tesoro, Scott Bessent. Gli effetti di tali aperture al dialogo si sono subito fatti sentire. Il Nikkei ha chiuso a +6% in seguito al crollo di lunedì (fino a -8%), l’Hang Seng di Hong Kong ha guadagnato l’1,5% dopo il calo più pesante dal 1987 così come Shanghai.

Dalla parte opposta del pianeta cresce l’ottimismo. Lo Stoxx 600, che raggruppa le 600 maggiori capitalizzazioni di Borsa europee, è salito del 2,7%. Il Ftse Mib di Milano ha guadagnato il 2,44%, il Cac40 è salito del 2,50%, il Dax di Francoforte del 2,48%, l’Ftse 100 londinese del 2,71%. Un rimbalzo dopo il più grande calo degli ultimi cinque anni e l’inizio della pandemia. Alexandre Baradez, responsabile dell’analisi di mercato di IG France, ha addirittura parlato di “una giornata di forte ripresa, la più grande dal 2022”. Riprende fiato anche Wall Street. I principali indici hanno registrato un rialzo nelle prime contrattazioni: il Dow Jones è salito del 2,31%, il Nasdaq del 2,39% e l’S&P 500 del 2,18% dopo l’altalena di lunedì. “I mercati stanno mostrando alcuni primi segnali di stabilizzazione dopo l’incredibile crollo degli ultimi giorni”, ha affermato Jim Reid, economista della Deutsche Bank. In attesa di conoscere la “risposta” Ue ai dazi, che dovrebbe essere presentata la prossima settimana, i titoli si muovono in ordine sparso. Petrolio e gas restano in attesa mentre quelli legati a settori attualmente esenti dai dazi statunitensi, come i prodotti farmaceutici, continuano a fare affari. Oggi i titoli del settore sanitario hanno passeggiato in territorio positivo. A Londra, AstraZeneca ha guadagnato fino al 3,54% e GSK lo 0,7%. Alla borsa svizzera, Novartis ha guadagnato +1,74% e a Parigi quasi +2% per Sanofi e +7% Valneva.

A Wall Street, nelle prime ore di contrattazioni Moderna è salita fino a +4,29% e Novavax a +3,44%. A Milano si è distinto il +2,24% di Recordati. Nel frattempo i prezzi del petrolio si sono mantenuti in equilibrio, dopo essere crollati bruscamente a seguito dell’offensiva commerciale trumpiana. Alle 18 il Brent del Mare del Nord mostrava un timido +0,4% a 64,4 dollari al barile, mentre il suo equivalente statunitense, il WTI, era in rialzo dello 0,82% a 61,1 dollari al barile. Meno brillante la risposta sul gas. Alla Borsa TTF di Amsterdam i contratti con consegna a maggio hanno lasciato quasi il 4% a 35,5 euro/MWh, restando sotto quota 40 euro per la quarta seduta consecutiva. Dopo aver toccato le quotazioni più basse dal 2021, i movimenti al ribasso sul greggio sono limitati anche dai colloqui sul nucleare tra Stati Uniti e Iran . Trump ha sorpreso ancora una volta gli analisti annunciando che Washington stava tenendo colloqui “diretti” con l’Iran sul suo programma nucleare. Ma “se l’Iran dovesse attenersi a posizioni considerate inaccettabili dagli Stati Uniti – il che è probabile – questi ultimi probabilmente intensificherebbero la pressione” delle sanzioni, il che sarebbe un fattore nell’aumento dei prezzi del petrolio, spiegano gli analisti di DNB Markets. Con l’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, “il rischio di recessione continua ad aumentare, il che offusca le prospettive della domanda globale di petrolio”, ha affermato Ole R. Hvalbye, analista di SEB. Non per nulla i due Paesi sono tra i principali consumatori di ‘oro nero’ e la Cina ne è il maggiore importatore. A incertezza si somma altra incertezza. L’OPEC+ potrebbe sospendere il piano di aumento della produzione ma sul prezzo incideranno anche le possibili nuove sanzioni statunitensi contro il Venezuela, senza contare che “molti nuovi pozzi petroliferi negli Stati Uniti non sono redditizi agli attuali prezzi del greggio”, ha spiegato Arne Lohmann Rasmussen di Global Risk Management.

mariaelena.ribezzo

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