Coldiretti lancia l’allarme: “Torna paura carestia. Per innovazione servono 6 miliardi fino al 2030”

Spesso si sente parlare delle incertezze create dalle tensioni geopolitiche. Una formula lessicale entrata ormai nel vocabolario popolare. Ma è una realtà con numeri e storie di vita e lavoro. Lo dimostrano i tanti studi sugli effetti delle guerre sulle nostre economie, lo denunciano gli allarmi delle diverse associazioni di settore.

Non fa eccezione l’agricoltura, ovviamente. Anzi, è uno dei settori maggiormente colpiti dal quadro dei mercati internazionali. In questo scenario vanno letti i risultati del rapporto Coldiretti/Censis, presentato durante la prima giornata del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dai coltivatori diretti in collaborazione con The European House-Ambrosetti. “Oltre sei italiani su dieci temono che la proliferazione delle guerre e gli effetti dei cambiamenti climatici finiscano per ridurre la quantità di cibo disponibile”, è il dato principale. Al quale si associa il ritorno della “paura di una carestia globale dinanzi alla quale occorre razionalizzare l’utilizzo delle risorse, a partire dalla necessità di destinare i fondi agricoli europei della Pac solo ai veri agricoltori per continuare a garantire in futuro la produzione alimentare”.

Il comparto, poi, è costretto a correre aggravato dalla zavorra delle regole Ue, che stanno penalizzando oltremodo un settore di primaria importanza per l’economia. In special modo per l’Italia. “Crediamo fortemente nell’Europa, ma vogliamo che sia in grado di competere a livello globale e geopolitico senza essere timida o osservare quello che fanno Usa o Cina in politica economica. Se così fosse, rischieremmo di perdere quel valore che eravamo riusciti a crearci”, dice il presidente dei coltivatori diretti, Ettore Prandini. “Alcune debolezze vanno risolte, la soluzione però è ben lungi dal venire. Oggi alcune economie sono più penalizzate rispetto ad altre”, sottolinea il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Che vede comunque un futuro meno rigido per la nuova legislatura, soprattutto grazie alla nomina di Raffaele Fitto come vicepresidente esecutivo con deleghe di peso: “Ci sarà una differenza a due anni di distanza dall’inizio della discussione con Franz Timmermans”.

Il responsabile del Masaf tocca anche un altro tema delicato del dibattito pubblico, perché c’è attesa per capire se realmente il presidente eletto degli Usa, Donald Trump, attuerà i dazi nel suo Paese, come annunciato in campagna elettorale. Lollobrigida, però, non vuole fasciarsi la testa prima di rompersela, come si suol dire: “Vedremo se li metterà, comunque sono un problema e un pericolo se il mercato è regolato”.

L’agricoltura ha anche altre necessità a cui far fronte, come l’innovazione. Per dirla con le parole dell’europarlamentare Pd, Dario Nardella, “è il settore più vecchio dell’economia ma può fare le cose più nuove”. Ma per innovare ha bisogno di risorse, ecco perché Coldiretti chiede di “raddoppiare gli investimenti a 6 miliardi entro il 2030” per “sostenere l’innovazione nel contrasto ai cambiamenti climatici e assicurare la produzione alimentare”. E per farlo “dobbiamo parlare con i campioni di eccellenza tecnologica che l’Italia ha“, come Leonardo, mette in chiaro Prandini.

Altro tema caldissimo, l’energia. Il governo, da un lato vuole riprendere la partita del nucleare per allargare il mix e ottenere sicurezza degli approvvigionamenti e indipendenza dalle forniture estere, dall’altro porta avanti il Piano Mattei per rafforzare la cooperazione con l’Africa e fare del nostro Paese l’hub energetico europeo. Materie su cui interviene l’ad di Eni, Claudio Descalzi. Per quanto riguarda il nucleare, il Cane a sei zampe è impegnato nella fusione, ma “dovremmo arrivare a fare un primo test a fine 2026” ma “se va tutto bene, parliamo del 2027-28 per un prototipo e 2031-31-32 per la commercializzazione”. Sull’Africa, invece, il manager dice, alzando anche i toni, che l’elemento principale da fare è “recuperare credibilità dopo 200 anni di promesse” e “l’unico modo per farlo è quello di prendersi dei rischi con loro: non solo dargli soldi o fare un progetto e via, ma una progettualità che è la loro progettualità, a lungo termine”.

Intanto i costi dell’energia restano alti, e questo è un problema non da poco. Serve “una visione complessiva” a livello europeo e “una armonizzazione”, dice il presidente di Arera, Stefano Besseghini, che invita nel medio termine “ovvero nel 2030-2035” a “puntare sulle rinnovabili e sul riassetto di tutto il comparto”.

Domani seconda e ultima giornata di Forum Coldiretti, con il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il presidente emerito della Corte costituzionale, Giuliano Amato, e il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, come portate principali del ‘menù’. Le conclusioni, invece, saranno affidate a Prandini, che tirerà le file di una due giorni piena e intensa.

Chiara Troiano

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