Una regia centrale, un coordinamento nazionale, un’uniformità nell’applicazione delle regole per i diversi scali italiani. E un’attenzione particolare al cosiddetto ‘Cold Ironing’, processo che consente a una nave attraccata in porto di spegnere i motori e connettersi ad una fonte di energia elettrica in banchina. Sono questi i nodi principali per avviare una transizione davvero ‘green’ e sostenibile dei porti, secondo Fise Uniport, associazione del mondo logistico portuale che aderisce al sistema Conftrasporto.
Il trasporto marittimo rappresenta infatti uno dei settori con tassi significativi di emissioni di gas serra (oltre un miliardo di tonnellate di CO2, pari circa al 3% delle emissioni globali) che peraltro in alcuni casi (es. attraverso i collegamenti marittimi alternativi a quelli stradali) contribuiscono alla riduzione dell’inquinamento da trasporto. Con la crescita del traffico navale internazionale e in assenza di rapide misure di mitigazione , che comunque l’armamento più evoluto sta adottando mediante investimenti consistenti , queste emissioni aumenterebbero significativamente fino, addirittura a percentuali al di sopra del 15% entro il 2050. Uno degli aspetti del problema è posto dalle emissioni delle navi attraccate in porto. Durante la sosta in banchina i motori a propulsione vengono spenti, ma per garantire l’erogazione dei servizi a bordo vengono utilizzati motori diesel ausiliari, che comportano un elevato consumo di combustibile ed emissione di gas di scarico. In risposta a questa crescente esigenza, a livello europeo, di mitigare le emissioni inquinanti delle navi in porto e di accelerare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale per il settore, il Cold Ironing sembra essere una delle soluzioni disponibili. Ma, su questo, “non esistono ancora indicazioni precise e definitive”, spiega a GEA il neo presidente Uniport, Pasquale Legora de Feo.
Sul tavolo di discussione ci sono infatti tempi e modalità di realizzazione delle connessioni tra il porto e la rete elettrica nazionale; tempi e modalità di realizzazione dell’impiantistica in porto e nei terminal; modalità di organizzazione e gestione del servizio di connessione con le navi; tariffazione. “Siamo convinti della necessità di rendere più sostenibile il sistema portuale, così come chiede anche l’Europa nella sua direttiva ‘Fit for 55’ ma ci manca ancora una regia collettiva, un tavolo di coordinamento con il governo perché i vari soggetti che dovranno intervenire per rendere questa sostenibilità raggiungibile e ridurre impatto ambientale necessitano di una regolamentazione unica”.
Centrale, spiega, è un maggior coinvolgimento del settore privato nei piani delle autorità portuali sul fronte della governance. “I fondi del Pnrr per il comparto portuale, ad esempio, vanno spesi proprio per realizzare porti sempre più ‘green’, ma non con investimenti a pioggia – continua -. Noi come imprese affrontiamo la crescita dei prezzi, dei canoni difformi fra porto e porto e un calo dell’export che riduce il traffico”. In questo, “il settore privato darà il suo contributo per ammodernare le infrastrutture ma va assicurata una uniformità dei canoni fra i diversi scali e una nostra maggiore rappresentanza nella governance“. E poi, servono regole uguali fra tutti. “Anche sugli investimenti – incalza il neo presidente -. Non è possibile avere 16 autorità portuali che agiscono come 16 repubbliche autonome. Se investo a Napoli milioni di euro sulle gru non ho dei benefici sul canone mentre in altri porti sì“.
Dal canto suo, assicura, Uniport vuole essere parte ancor più attiva e propositiva con l’obiettivo di raggiungere soluzioni “che consentano a tutte le imprese di offrire ai propri clienti-nave servizi adeguati, a costi contenuti, secondo modalità di organizzazione del servizio che tengano conto delle specifiche realtà portuali ed aziendali”. E che siano “sostenibili”. Ma, ribadisce, “serve il decisore politico”. Il settore auspica chiarezza, soprattutto su una transizione ‘green’, e una regia centrale “che non c’è mai stata: con il viceministro Rixi qualcosa si è messo in moto, soprattutto sui dossier importanti ma ora aspettiamo la convocazione di un tavolo di concertazione”, continua Legora De Feo.
Tra le priorità del mandato del nuovo presidente ci sono la riforma delle procedure per il rilascio delle concessioni terminalistiche e per la determinazione dei canoni le cui recenti linee guida sembrano “molto complesse e farraginose. Per quanto riguarda invece le concessioni già esistenti, appare urgente insistere nell’opera tesa a rivedere il sistema di indicizzazione annuale dei canoni di concessione demaniali”. Ulteriore tematica su cui attivarsi è quella dei dragaggi dei fondali dei porti perché nonostante la recente approvazione di nuove norme ambientali “permangono grosse difficoltà”.
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