

Quello che emerge in questi giorni di caos sul ferro non sorprende troppo l’ex ministro dei Trasporti, Enrico Giovannini. Gli investimenti fatti (“dal governo di Mario Draghi”, tiene a precisare) potevano creare disagi, come avviene però per ogni grande manutenzione. Sull’intera infrastruttura ferroviaria, infatti, sono stati stanziati 54 miliardi, quasi la metà dei quali nel Pnrr, quindi con interventi da concludere entro il 2026.
Intervistato da GEA, Giovannini ricorda i disagi in Liguria, quando si fecero “tanti e doverosi” lavori sulle autostrade nel 2021-2022: “In quell’occasione però coordinammo, per quanto possibile, i cantieri in modo che i lavori si svolgessero nei giorni e negli orari meno trafficati”, rivendica. Sulla gestione di Matteo Salvini non entra nel merito, ma riconosce a RFI “uno sforzo straordinario”.
Non analizza l’opzione maltempo, non commenta i possibili sabotaggi e gli incidenti anomali sulla rete per i quali il Gruppo FS ha preparato un esposto denuncia. I cantieri però, ribadisce, pesano sulla congestione del traffico. Sono milleduecento, ma superati i disagi porteranno benefici: “E’ interessante capire di che tipo di cantieri stiamo parlando”, sostiene. In alcuni casi, infatti, si tratta di nuove linee, in altri di interventi di elettrificazione, in altri ancora di manutenzione e innovazione, “anche per tenere conto del cambiamento climatico“, e poi c’è la digitalizzazione. E’ qui che si sofferma: “Questi ultimi cantieri comporteranno un cambiamento epocale, che consentirà di aumentare la frequenza delle corse in sicurezza, soprattutto dei treni regionali”, spiega.
Al cuore dei disagi c’è la “pressione” sui grandi nodi: Milano, Roma, Firenze. Tutte tratte sulle quali circola ogni tipo di convoglio, Alta Velocità, Intecity, Regionali.
Uno dei ragionamenti che si sta facendo è quello di ridurre la frequenza dei treni, ipotesi che però lo vede scettico: “E’ difficile, perché negli ultimi anni c’è un netto aumento della preferenza per l’uso del treno”. Complice anche la modernizzazione dei convogli: “Uno degli investimenti fatti è quello dei nuovi Intercity per il Sud, che sono quasi come i primi Frecciarossa. Man mano che questo tipo di treno entra in funzione, la domanda per quella specifica tratta aumenta. Per questo è difficile pensare di ridurre le tratte, se non in modo estremamente selettivo”, riflette.
La proposta che avanza ci riporta al post-covid, quando si riaprivano i confini del mondo e le compagnie aeree riprendevano a volare tutte contemporaneamente: “All’inizio emettevano biglietti totalmente flessibili, finché la situazione non è tornata regolare. Si potrebbe anche in questo caso aumentare la flessibilità di cambio dei biglietti, per adattare senza costi i viaggi in caso di particolari eventi”. La compagnia che viaggia su ferro non è una sola, c’è Trenitalia, Italo e presto anche Arenaways, oltre a tutte le compagnie locali: “Qualunque soluzione si adotti – avverte -, deve comunque essere adottata nel rispetto delle regole di mercato”.
Evacuare le macerie dal sito del Villaggio Olimpico, trasportare la struttura del tetto della navata di Notre-Dame, che presto diventerà un Ufficio Postale: a Parigi. La Senna sta guadagnando terreno come modalità di trasporto per consegne più ecologiche e anche più tempestive. Con i fiumi che attraversano 22 grandi città e 8.500 km di vie navigabili, la Francia ha la rete più lunga d’Europa.
Penalizzato dal rallentamento del settore edile e dal calo delle esportazioni di cereali, il trasporto fluviale diminuirà del 10% in Francia entro il 2023. Ma si sta espandendo in alcuni segmenti di mercato, come la logistica urbana, che è cresciuta di oltre il 40% nell’area di Parigi nello stesso periodo.
Su una banchina del porto di Gennevilliers, un hub di 400 ettari a nord di Parigi, il braccio articolato di una chiatta carica decine di casse di prodotti Ikea su un’imbarcazione lunga 72 metri pronta a navigare lungo la Senna. Dalla fine del 2022, il gigante svedese dell’arredamento consegna alcuni dei suoi clienti parigini via fiume, il che ha permesso di evitare 12.000 viaggi di camion per le strade della capitale, dice Emilie Carpels, responsabile del progetto fluviale nel dipartimento logistico di Ikea Francia. La chiatta naviga di notte fino a Bercy, nel cuore di Parigi, dove i pacchi vengono caricati su camion elettrici nelle prime ore del mattino per raggiungere la destinazione finale entro il termine di consegna di 48 ore. I clienti ricevono un messaggio con scritto “I suoi pacchi stanno andando in crociera” poche ore prima del loro arrivo. Franprix, una catena di supermercati, consegna ai suoi 300 negozi di Parigi attraverso la Senna da dodici anni.
Il trasporto fluviale emette da tre a cinque volte meno CO2 rispetto al trasporto su camion, secondo l’Agenzia Francese per la Transizione Ecologica (Ademe). “È una soluzione per decarbonizzare la logistica, una modalità di trasporto per il futuro che non dobbiamo inventare perché esiste già”, afferma Antoine Berbain, Vice Direttore Generale di Haropa Port, l’ente pubblico che raggruppa i porti di Le Havre, Rouen e Parigi. “Il fatto che il camion parta dall’interno di Parigi significa che gli autisti delle consegne possono rispettare gli orari di consegna”, aggiunge Berbain. “Questo rende la finestra di consegna più affidabile e più breve, elimina la congestione all’ingresso di Parigi (e) è più conveniente per i clienti”, aggiunge Carpels. In media, trecento clienti Ikea vengono consegnati ogni giorno attraverso la Senna, il che rappresenta il 60-70% delle consegne del gruppo nella capitale. A settembre, La Poste ha annunciato che anche lei passerà al trasporto fluviale sulla Senna, con l’obiettivo di trasportare 3.000 pacchi al giorno da Gennevilliers al porto di Boulogne a partire dal 2026.
Patricia Pelloux, vicedirettore dell’associazione Atelier parisien d’urbanisme (Apur), è lieta di affermare che “i Giochi Olimpici sono stati un catalizzatore di buone pratiche. Trentamila camion sono stati evitati evacuando le macerie dal sito del Villaggio Olimpico attraverso la Senna“. Anche la ricostruzione della cattedrale di Notre-Dame de Paris ha fatto un buon uso del fiume, poiché “la struttura della grande navata è stata trasportata dalla Senna”, spiega Antoine Berbain. “Solo il 6% delle merci viene trasportato via fiume”, lamenta Jean-Michel Genestier, vice consigliere della regione Greater Paris responsabile della logistica. Per estendere questa modalità di trasporto su larga scala, “è ancora necessario sviluppare l’infrastruttura; non ci sono ancora tutti gli strumenti”. “Stiamo continuando a investire in queste infrastrutture per migliorare i collegamenti tra il mare e Parigi”, promette Berbain. “È una perdita di tempo entrare nell’agglomerato di Parigi con i camion”. Tanto più, aggiunge, che l’introduzione di zone urbane a basse emissioni (ZFE), progettate per tenere fuori i veicoli più inquinanti, sta incoraggiando le aziende a riconsiderare il loro modo di trasporto e a rivolgersi alla Senna.
Dal 1° gennaio 2025, tutti i trasporti pubblici di Belgrado saranno gratuiti. Lo ha annunciato mercoledì il sindaco della capitale serba, Aleksandar Sapic. Si tratta di una novità assoluta in Europa per una città delle sue dimensioni. “Questo significa che nessuno dovrà più comprare biglietti, né abbonamenti mensili o annuali”, ha detto il sindaco, eletto nel 2022 sotto il SNS (destra nazionalista), il partito di governo della Serbia, in una conferenza stampa. “Con questa misura, Belgrado diventa l’unica città europea con una popolazione superiore al milione di abitanti in cui il trasporto sarà gratuito”, ha aggiunto. Diverse città europee come Tallin, Montpellier e il Granducato di Lussemburgo hanno adottato misure simili, ma nessuna ha più di un milione di abitanti. Belgrado ha una popolazione di quasi 1,7 milioni di abitanti e l’uso diffuso delle auto private crea ogni giorno enormi ingorghi.
Il sindaco ha anche annunciato che l’intera flotta di autobus e tram e sarà rinnovata entro il 2027, promettendo che “entro la fine del 2025, nessun autobus a Belgrado avrà più di due anni”. Anche se il primo cittadino della città non ha menzionato l’ambiente durante la sua conferenza stampa, questa misura potrebbe ridurre il livello di inquinamento di Belgrado, che è regolarmente tra le 10 città più inquinate al mondo, secondo i dati della società svizzera IQ Air, che misura l’inquinamento atmosferico in tutto il mondo.
Secondo la Banca Mondiale, la Serbia ha il peggior record in Europa per quanto riguarda i decessi pro capite dovuti all’inquinamento. Le ragioni sono molteplici, in particolare l’uso intensivo del carbone, ma anche “veicoli obsoleti e ad alte emissioni, molti dei quali importati da altri Paesi europei, e il calo di popolarità del trasporto pubblico”. Secondo le statistiche ufficiali, alla fine dell’anno a Belgrado saranno immatricolati 700.000 veicoli, 250.000 in più rispetto a 10 anni fa, ha dichiarato Sapic durante la conferenza stampa. Ma l’unica soluzione per limitarne l’uso, ha aggiunto il sindaco, sarebbe la costruzione della metropolitana, promessa da anni.
Per la prima volta in assoluto, da oggi Parigi e Berlino saranno collegate in otto ore da un collegamento ferroviario diretto ad alta velocità, un’iniziativa volta a promuovere un’Europa basata sulle ferrovie di fronte alla concorrenza del trasporto aereo. Il nuovo collegamento, con un viaggio al giorno in ciascuna direzione, è stato inaugurato lunedì con la partenza del primo treno dalla Gare de l’Est di Parigi alle 9.55. L’arrivo è previsto per le 18.03. Al lancio hanno partecipato l’amministratore delegato di SNCF Jean-Pierre Farandou e la direttrice di produzione di Deutsche Bahn (DB) Anja Shöllman. Tuttavia, assenti i ministri, in quanto la squadra dimissionaria si occuperà degli affari di ordinaria amministrazione in attesa della nomina del nuovo governo di François Bayrou.
Nella direzione opposta, un treno inaugurale parte da Berlino lunedì alle 11.54, sempre alla presenza di alti dirigenti delle due compagnie ferroviarie. Arriverà a Parigi otto ore dopo, alle 19.54. “Per la prima volta nella storia del trasporto ferroviario tra i due Paesi”, le due capitali ‘saranno collegate direttamente da centro città a centro città, ad alta velocità’, sottolinea SNCF. Il collegamento sarà garantito dagli ICE, i treni ad alta velocità tedeschi, e non dai TGV francesi. Serviranno anche Strasburgo e, in Germania, le stazioni di Karlsruhe e Francoforte. Attualmente non esiste un treno diretto tra Parigi e Berlino. Ci vogliono più di otto ore per raggiungere le due capitali, con almeno un cambio.
SNCF Voyageurs e Deutsche Bahn hanno annunciato questo nuovo collegamento diretto nel maggio 2022, promettendolo inizialmente per la fine del 2023. Nel settembre 2024, la data di inaugurazione è stata infine fissata per il 16 dicembre, con un prezzo di ingresso di 59,99 euro in seconda classe e 69,99 euro in prima classe. I prezzi saranno infatti soggetti allo yield management, un sistema di tariffazione che modula gli importi in base al tasso di occupazione dei treni. I due operatori ferroviari insistono sull’argomento ecologico, sottolineando che un viaggio in treno Parigi-Berlino emette 2 kg di CO2 per passeggero, rispetto ai 200 kg di un viaggio in aereo. Inoltre, scommettono che le otto ore di viaggio non spaventeranno i passeggeri, in un contesto di crescente interesse per i viaggi in treno. “Ci sono sempre più persone per le quali questo non è un problema, tanto meglio”, ha dichiarato Jean-Pierre Farandou quando il progetto è stato annunciato nel maggio 2022. Con questa linea ad alta velocità, il numero di collegamenti giornalieri tra la Francia e la Germania passerà da 24 a 26.
Nel dicembre 2023, il rilancio del treno notturno tra le due capitali aveva già dato luogo a una grande operazione di comunicazione da parte di SNCF e Deutsche Bahn. Prima di essere sospeso per diversi mesi per lavori tra agosto e ottobre dello scorso anno. L’Unione Europea punta a raddoppiare il traffico ferroviario internazionale ad alta velocità sul continente entro il 2030 e a triplicarlo entro il 2050, per rispettare gli impegni assunti in materia di clima. Ciò significa aggiungere “20.000 km di linee ad alta velocità” entro il 2050 nel continente, che attualmente ne conta 11.300, come ha sottolineato a settembre Michael Peterson, responsabile della lunga percorrenza di Deutsche Bahn. Per raggiungere questo obiettivo, tuttavia, il continente deve affrontare grandi progetti, a partire dall’estensione di un sistema di segnalamento standardizzato.
Trasporti e sostenibilità, un binomio che deve necessariamente scrivere la prossima pagina di futuro per l’Italia e l’Europa. Il tema è stato al centro del convegno ‘Vie del mare e intermodalità per l’integrazione e la sostenibilità dei trasporti europei‘, promosso a Roma da Connact in collaborazione con gli uffici italiani di Parlamento e Commissione Ue. Dal confronto tra istituzioni e mondo produttivo sono emersi diversi spunti di riflessione. “C’è un grande dibattito sulla riforma portuale“, dice il presidente della commissione Trasporti, Salvatore Deidda. Chiarendo allo stesso tempo che sul punto c’è anche una strumentalizzazione: “I privati saranno sì protagonisti, ma gestione, controllo e coordinamento resterà saldamente nelle mani dello Stato“. Il deputato di FdI, comunque, assicura che “la transizione ecologica andrà avanti, ma senza farla pesare sugli autotrasportatori né sugli armatori“.
Per il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, Pino Musolino, l’intermodalità è “uno degli elementi che ci permettono di andare nella direzione della decarbonizzazione dei trasporti”, ma “prima di inventarci nuove tecnologie, andiamo a ottimizzare ed efficientare quello che abbiamo“. La responsabile delle Relazioni istituzionali di Autostrade per l’Italia, Alessandra Romano, ritiene “lo shift modale un prerequisito fondamentale per la mobilità sostenibile“, ma visto che “il sistema autostradale rimarrà centrale anche in futuro” è “necessario, oggi più che mai, e soprattutto nel prossimo decennio, investire in fattori che possano agevolare e migliorare la mobilità sostenibile, in particolare in rigenerazione delle infrastrutture autostradali, nel potenziamento delle infrastrutture autostradali e soprattutto nella digitalizzazione“. Molto, ovviamente, dipenderà dalle scelte di Bruxelles. “Quello che cerchiamo di fare a livello europeo è dare una visione d’insieme, un quadro normativo coerente e i fondi sono gli strumenti per realizzare le nostre priorità“, spiega il capo Unità di Coordinamento e Pianificazione della Commissione Ue, Pierpaolo Settembri, che con l’avvio della nuova squadra di governo europea crede sia “il momento per fare una riflessione sulle nuove priorità“.
Sente “aria diversa” l’eurodeputato di FI-Ppe, Flavio Tosi. “La visione ideologica di andare verso una transizione ecologica a tutti i costi ora viene mitigata. C’è un approccio diverso, anche sull’estensione e applicazione delle Ets“. Tema scottante per il mondo dei trasporti. Così come la competitività. “Non è possibile avere un fondo per i trasporti da poco più di 20 miliardi in 7, è insufficiente – sottolinea Matteo Ricci (Pd-S&D) -. La capacità di intervenire in modo efficace si vedrà se verrà ascoltato quello che il rapporto Draghi chiede“. Quando si parla di fondi la distanza tra le forze politiche sembra ridursi. Ad esempio, parlando del trasporto ferroviario, che resta uno dei punti principali dell’intermodalità, il deputato europeo Ecr-FdI, Carlo Ciccioli, spiega che nel triennio Bruxelles ha stanziato “26 miliardi con l’ipotesi massimale di 500 miliardi. Ma tra 500 miliardi e 26 un investimento decente credo debba arrivare almeno a 100 miliardi nell’arco di un certo numero di anni“.
Tornando alla voce delle imprese, ci sono altri aspetti di questo nuovo concept del trasporto che molto spesso non finisce alla ribalta delle cronache. “Se è ineludibile e strategica l’intermodalità, allora metteteci nella condizione di farlo“, chiede il vicepresidente di Confetra, Umberto Ruggerone. Mettendo in luce che “in Germania ci sono 330 cantieri aperti sulla rete, in Italia altrettanto si sta facendo un lavoro straordinario e non finirò mai di ringraziare Rfi“, ma questi sono anche gli unici due Paesi europei “dove non sono previste quote a compensazione per le imprese danneggiate dalla cantieristica” così alcune aziende della logistica “stanno portando i libri in tribunale“.
Chi crede fermamente in questo nuovo approccio è invece Ita Airwais. “E’ via anche per una modernizzazione“, afferma il Chief Communication and Institutional Relations Officer, Pietro Caldaroni. Ma servono più collegamenti negli snodi principali: “Più intermodalità vuol dire anche minor consumo di Co2, magari alcuni voli che abbiamo di corto raggio, da Firenze a Roma o da Napoli a Roma, potremmo sostituirli con un treno ad alta velocità. Ma è necessario e indispensabile una maggiore infrastrutturazione in termini di arrivi dei treni ad alta velocità negli aeroporti“. Ma anche il mare è un’opzione più che valida. Del resto, “abbiamo adottato un nuovo modo di guardare al mare, in maniera inclusiva“, dice nel suo intervento il capo dipartimento delle Politiche del mare, Pierpaolo Ribuffo. In sala ascolta con attenzione lo SVP Head of EU Affairs di Fincantieri, Davide Cucino, che infatti ritiene “necessaria una visione d’insieme, ovvero anche la parte industriale del mare deve partecipare come attore a questa sfida“.
C’è poi chi, come Iveco Group, suggerisce altre strade. “Come costruttore leader mondiale di veicoli commerciali, siamo a favore della comodalità, non del modal shift“, sostiene il Chief Public Affairs & Sustainability Officer, Michele Ziosi. Ma perché funzioni “occorre un approccio integrato che metta insieme l’impegno dei differenti stakeholders, politiche governative a supporto del rinnovo del parco circolante, costruttori, come noi, che mettono sul mercato veicoli sempre più efficienti e una regolamentazione smart che impatti sui prodotti in maniera positiva e non rappresenti un vincolo all’immissione sul mercato“.
In questo scenario resta scolpita anche la necessità di perseguire la neutralità tecnologica, anche dei carburanti. “Le varie possibilità devono essere valutate in termini di equilibrio, sia di tutela ambientale sia dei rapporti costi-benefici, nell’ottica del raggiungimento di una sostenibilità economica e occupazionale“, sottolinea infatti l’eurodeputata e membro della commissione Tran, Anna Maria Cisint, nel suo videomessaggio. Il tema, ovviamente, continuerà a occupare gran parte del dibattito pubblico e politico, tra Roma e Bruxelles. Ma al momento una rotta sembra essere stata tracciata.
C’è l’intermodalità nel percorso (sostenibile) dei trasporti, ma non solo. Ne è convinto il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, Pino Musolino, che al convegno ‘Vie del mare e intermodalità per l’integrazione e la sostenibilità dei trasporti europei‘, promosso da Connact in collaborazione con gli uffici italiani di Parlamento e Commissione Ue, ci tiene a puntualizzare che “il futuro dei trasporti non riguarda solo l’Italia e l’Europa, ma tutto il mondo e il commercio mondiale“. Perché “se non muovi le merci, visto che il 90% passa attraverso quello marittimo, non hai commercio internazionale, né stabilità, ricchezza e sviluppo“.
L’importante è capire lo scenario. “È evidente che siamo in una fase di ‘cuspide‘: transizione ecologica, transizione energetica transizione di processo, cambio di mentalità, forti elementi di innovazione tecnologica“, spiega il manager, che cita alcuni esempi come “l’impatto dell’intelligenza artificiale, ma non solo, il 5G, il 6G, la realtà aumentata“. Dunque, tantissimi elementi su cui far leva, tra i quali “sicuramente il passaggio anche dello shift modale, che è la cosa più semplice“. Musolino, però, ha un’idea differente: “Prima di inventarci nuove tecnologie, andiamo a ottimizzare ed efficientare quello che abbiamo. Il ché significa fare lo stesso con meno o andare a spostare il momento inquinante delle emissioni in una modalità di trasporto che sia meno impattante“. Ergo, “l’intermodalità è uno degli elementi che ci permettono di andare nella direzione della decarbonizzazione dei trasporti“. Nella visione del manager, infatti, prima “va fatta una ricognizione delle necessità“.
In questo quadro ci deve stare tutto, a 360 gradi. Anche il discorso che riguarda i carburanti, dunque. “L’idrogeno è uno degli elementi, perché ci sono alcuni carburanti alternativi per lo shipping che dureranno 10-15 anni“, spiega, aprendo la riflessione anche ad altre possibilità, come “perché no, la propulsione nucleare, che è già realtà in Usa e Cina“. Quello che Musolino chiede è di seguire il normale iter dello sviluppo del pensiero accademico e scientifico, quello del “confronto franco“. Dunque, “se la priorità è l’abbattimento delle emissioni climalteranti, dobbiamo chiederci se abbiamo tecnologie per riuscire a centrare l’obiettivo, sebbene questo non voglia dire abbracciarla ma verificare laicamente le opportunità“. E’ anche una questione di costi, del resto: “La transizione ecologica costerà molto, soprattutto in fase di startup. E chi dice il contrario mente sapendo di mentire“. Ecco perché all’intervento dei privati dice: “Siamo apertissimi“, senza nulla togliere al ruolo cruciale che dovrà comunque avere il pubblico.
Il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, infine, solleva un altro problema, che riguarda più in generale il sistema delle valutazioni. “Il 40% dei container gestiti nel mondo sono vuoti, non portano ricchezza, e il 60-70% di questi si trovano in Asia e Cina“, dice. Corroborando il concetto: “Si muovono scatoloni vuoti, dunque non sono soldi ma inquinamento“. Da qui l’avviso ai ‘naviganti’: “Se continuiamo a basare le valutazioni su questo, rischiamo di trarre conclusioni sbagliate. Perché il presupposto dell’analisi è sbagliato“.
Al convegno c’è spazio pure per la riforma dei porti prossima ventura, nonostante Musolino confermi il ‘fioretto’ di provare a non parlarne. “La prima risposta credo sia cosa vogliamo ottenere, qual è il fine ultimo e, sulla base di questo, verificare se gli strumenti esistenti potrebbero o possono, magari adeguatamente implementati, rispondere a quelle esigenza e nell’eventualità che questa esigenza non sia risposta o risposta solo in parte andare a riformare“. Altrimenti “è proprio un processo logico che che non torna – sottolinea -, perché abbiamo fatto una riforma di sistema nel 2016, un correttivo nel 2017 e oggi nel 2024 forse bisogna fare un pit stop, come in Formula 1, per verificare se effettivamente quello che abbiamo per le mani ha la necessità di essere riformato o forse bastano solo interventi di ‘make-up’“. Sul punto, però, si ferma qui, perché “non sono legislatore“. Anzi, assicura di attendere “che il governo presenti una bozza di legge di riforma proprio per leggere. Però – conclude – direi che, idealmente, la cosa più importante sarebbe forse individuare dove vogliamo andare. Perché tracciando la rotta, la nave va“.
Traffico ferroviario in tilt in tutto il Paese per un guasto tecnico a una cabina elettrica che alimenta la circolazione nel nodo di Roma, tra le stazioni di Termini e Tiburtina.
L’avaria, dalle 6.30 del mattino in poi, ha causato ritardi a catena anche oltre i 200 minuti e cancellazioni di corse, che hanno bloccato migliaia di utenti. I tecnici di Rete ferroviaria italiana sono riusciti a ripristinare il regolare funzionamento delle apparecchiature solo alle 8.30. Ci sono volute ore, però, prima che il traffico si avviasse verso una graduale ripresa, anche perché l’orario in cui si è verificato il disservizio era tra quelli considerati di punta, proprio nel mezzo di una settimana lavorativa.
“In una mattina come questa è doveroso fare le scuse“, premette l’amministratore delegato e direttore generale di Rete ferroviaria italiana, Gianpiero Strisciuglio, facendo il punto della situazione mentre la circolazione stava lentamente riprendendo. Dopo i primi interventi dei tecnici Rfi è emerso che si è trattato di “un guasto raro“, spiega il manager visibilmente contrariato. “Siamo una grande azienda e non accettiamo che questo accada, andremo a fondo nella verifica e nel prendere eventuali provvedimenti“, aggiunge escludendo subito l’ipotesi che possa essere stato un attacco hacker la causa del danneggiamento. L’amministratore delegato e direttore generale del Gruppo, Stefano Donnarumma, visita la sala operativa “per verificare di persona metodi, strumenti e risorse dispiegate in situazioni come questa“, scrive su Linkedin, sottolineando che “i colleghi di Rfi e Trenitalia si sono mobilitati tempestivamente e in forze per affrontare le criticità e gli impatti sul traffico ferroviario“.
Poche ore più tardi è il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, a rivelare nuovi dettagli. “A quanto mi risulta, i tecnici dicono sembra esserci stato un errore, questa notte, di una ditta privata che ha piantato un chiodo su un cavo“, riferisce uscendo dall’aula della Camera dopo il question time. In mattinata il vicepremier vede i vertici del Gruppo Fs e Rfi per un punto tecnico, lamentando: “Non è accettabile che nel momento in cui investiamo 9 miliardi di euro nel 2024 per modernizzare la rete, 3,5 miliardi in manutenzioni per evitare incidenti e guasti e con 1.100 cantieri aperti“, oltre a “comprare nuove carrozze, nuovi treni pendolari, gli intercity, l’Alta velocità, la Tav, il Brennero” e poi “se uno alle 3 di notte, a Roma, pianta il chiodo nel posto sbagliato si rovina la giornata di lavoro a migliaia di persone“. Per questo motivo vuole “nomi, cognomi, indirizzi e codici fiscali di quelli che non hanno fatto il loro lavoro. Chi sbaglia paga“.
La presa di posizione di Salvini non basta a evitare il fuoco di fila delle opposizioni, che ne chiedono le dimissioni immediate. “Non si occupa di fare funzionare le ferrovie, pensa solo a come venderle” è l’accusa lanciata dalla segretaria del Pd, Elly Schlein. “Quando c’era lui… i treni non partivano nemmeno: c’è un ministro che continua a straparlare di ogni cosa, ma il lavoro per cui gli è stato assegnato il dicastero non lo fa. È davvero ora che Salvini vada a casa per incapacità e la smetta di fare danni“, attacca Nicola Fratoianni di Avs. Sulla stessa linea M5S: “Tolga il disturbo“. Duri anche i commenti di Italia viva e Azione.
Il ministro si limita a replicare dicendo che “da due anni le opposizioni chiedono le mie dimissioni perché respiro, vivo, la mattina mi alzo e il buon Dio mi concede un giorno in più. Fanno il loro mestiere, non commento“. In difesa di Salvini si schiera il suo partito, la Lega. “Con la sinistra a gestire ponti e ferrovie, succedevano tragedie come il Ponte Morandi a Genova o il disastro ferroviario sulla tratta Andria-Corato nel 2016“, controbatte il vicesegretario del Carroccio, Andrea Crippa, mentre alla Camera i deputati chiedono che “i vertici di Rfi e Trenitalia vengano a riferire in commissione Trasporti“.
Nel frattempo il lavoro dell’azienda va avanti e con una nota Rete ferroviaria annuncia che “sono in corso di scrupolosa valutazione tutti gli avvenimenti per l’individuazione precisa delle responsabilità“. Perché “è intenzione di Rfi prendere provvedimenti – anche di tipo contrattuale – nei confronti di tutti i soggetti che hanno commesso errori o non sono stati all’altezza della situazione“.
Si parte dal Pnrr, ma l’obiettivo è più ampio. A indicare la strada che il governo intende percorrere è il vice ministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi, partecipando alla presentazione del nuovo Frecciarossa1000 di Trenitalia (Gruppo Fs), alla fiera biennale della tecnologia per i trasporti ‘InnoTrans’, che si tiene a Berlino. L’esecutivo “ha deciso di investire ulteriori risorse” rispetto al Piano nazionale di ripresa e resilienza “sia dirette, sia dei fondi Fsc, sostanzialmente triplicando gli investimenti in ferrovie fino a 13,5 miliardi annui, con una coda che arriverà fino al 2032”.
Rixi dice chiaramente che tra le punte di diamante del piano c’è il settore ferroviario. Tant’è che si sofferma a parlare del Terzo Valico, opera a cui, tra l’altro, tiene particolarmente da ligure. “La deadline è al 2026 e non la sposteremo, perché la pressione va mantenuta, come in tutte le cose”, garantisce. Ripercorre le criticità, spiegando che “sono state trovate pressioni geologiche tra le più forti a livello mondiale, ma abbiamo sviluppato una tecnologia per poterle affrontare in pochi mesi: stiamo andando avanti con le lavorazioni”.
In questo senso, c’è grande continuità con gli obiettivi che si pongono le diverse realtà del Gruppo Fs. Con il nuovo Frecciarossa1000 presentato a Berlino, ad esempio, Trenitalia vuole dare una nuova accelerazione al mercato non solo italiano ma europeo. Si tratta di un investimento da oltre 1,3 miliardi per 46 treni: 36 della prima commessa da consegnare entro il 2028, più un’opzione con Hitachi per la realizzazione di altri 10 convogli se la risposta sul campo dovesse andare nella giusta direzione. Le novità più interessanti sono la più elevata capacità tecnologica, il risparmio energetico tra il 10 e il 15% e la forte sostenibilità con il 97% di materiali riciclabili.
Un treno col quale l’azienda vuole consolidare il suo ruolo nel panorama europeo. “È stato progettato già dall’inizio per andare in tutta Europa – dice l’amministratore delegato e dg di Trenitalia, Luigi Corradi -. Fondamentalmente, nei sette paesi più importanti dal punto di vista ferroviario e, possibilmente, sempre avendo la possibilità di collegare l’Italia con l’Europa”. Perché l’obiettivo è puntato in alto: “Noi guardiamo in continuazione la parte estera per valutare se ci sono opportunità per espandere la nostra attività”, spiega Corradi. “Soprattutto la parte Alta velocità, che è quella in cui possiamo creare valore aggiunto rispetto a quello che circola in Europa, in particolare. Stiamo guardando se è possibile portare questo treno in altri Paesi”, ma “quando usciamo dall’Europa la situazione è più difficile”.
Per uno sviluppo completo serve anche la rete. Infatti, Rfi ha “triplicato il volume degli investimenti” con “l’ambizione di mantenere questo valore andando finalmente ad attuare un grandissimo piano di trasformazione delle infrastrutture e delle tecnologie dell’infrastruttura”, afferma l’ad e direttore generale di Rete ferroviaria italiana, Gianpiero Strisciuglio. Che da Berlino assicura: l’Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria andrà avanti, per lotti. La deadline per la realizzazione? “Sicuramente arriveremo puntuali all’appuntamento col il Ponte sullo Stretto di Messina, nel 2032”, afferma il manager.
Di investimenti, nella capitale tedesca, parla anche l’amministratrice delegata di Mercitalia Logistics, Sabrina De Filippis, a margine della presentazione delle prime locomotive da manovra Dual Shunter 2000 del Polo Logistica del Gruppo Fs. Le cifre sono importanti, come gli obiettivi che si pone, perché “abbiamo un piano molto articolato di circa 3 miliardi nell’arco temporale di 5-7 anni, che è in corso di implementazione. Di questi, l’80% è destinato al rinnovo di locomotive e carri, prevalentemente di ultimissima generazione”. Perché il futuro non aspetta.
Il difficile luglio dei trasporti diventa un tema del dibattito politico. Sono le opposizioni a chiedere che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, venga in Parlamento a riferire sui ritardi, i disagi e i rallentamenti che si sono verificati nell’ultimo mese, in particolare sulla rete ferroviaria, dovuti alla combo dei lavori di ammodernamento e manutenzione infrastrutturale di diverse linee (già programmati) e guasti causati spesso da incendi divampati in punti nevralgici del Paese.
Per la mattina di venerdì, alle 10.30, il vicepremier ha convocato a Porta Pia “tutti i soggetti interessati al traffico aereo (dalle compagnie alle società di gestione) per fare il punto della situazione alla luce della crescente pressione negli scali italiani e per garantire al massimo i viaggiatori”, fa sapere il Mit. Ma allo stesso tempo la lente di Salvini è puntata “con particolare attenzione” sull’andamento dei cantieri, “annunciati da mesi in accordo con gli enti locali, che hanno l’obiettivo di migliorare la rete anche alla luce di investimenti senza precedenti (in larga parte previsti dal Pnrr) – comunica ancora il ministero – e prima della totale ripresa delle attività lavorative dopo la pausa estiva”. Salvini comunque “ha ribadito a Fs e alle società coinvolte che è necessario massimo impegno per offrire un servizio all’altezza”.
Le raccomandazioni del ministro, però, non bastano. “Il picco di cantierizzazione sulla rete ferroviaria non può giustificare le scene deliranti a cui assistiamo in questi giorni nelle stazioni di tutto lo Stivale. I ritardi sistematici di 100 o 200 minuti non possono diventare una prassi consolidata in Italia”, lamentano i Cinquestelle. “E’ chiaro che qualcosa non funziona tra deragliamenti, guasti, annullamenti, cambi di rotta: serve un’operazione chiarezza”, dicono rivolti al responsabile del Mit ma anche alla premier, Giorgia Meloni, “se Salvini non è in grado di chiarire”.
Per Italia Viva il ministro “deve venire lunedì in Parlamento a spiegare cosa sta succedendo ai treni in Italia, perché il Paese è bloccato e ci aspetta un agosto di caos”. La richiesta è della coordinatrice nazionale, Raffaella Paita. Alla quale si associa anche la capogruppo alla Camera, Maria Elena Boschi, rincarando la dose in un video sui social con cui chiede agli utenti di raccontare la propria esperienza negativa nei trasporti di questi giorni, affinché Salvini “si renda conto finalmente che la sua incapacità sta bloccando un Paese intero”. Tra questi potrebbe esserci anche il leader di Iv, Matteo Renzi, che dal treno Firenze-Roma posta la foto del ritardo annunciato e scrive: “Nessun governo ha fatto peggio di questo sui trasporti. E nessun ministro dei Trasporti ha fatto peggio di Salvini”.
Gli italiani “sono tenuti in ostaggio dai guasti ai treni e da ritardi insostenibili”, accusa pure Nicola Fratoianni (Avs) su Facebook. “Ma il ministro Salvini pare non accorgersene – continua il leader di Sinistra italiana -, è impegnato in tutt’altro, scrive post su qualunque cosa, tranne che sul delirio che sta accadendo sulle linee ferroviarie del nostro Paese. I cittadini italiani sarebbero titolati a precettare il ministro invisibile”. Per il Pd “il governo è direttamente responsabile dei disservizi che gli italiani e i turisti che hanno scelto di viaggiare in Italia stanno subendo in questi giorni“, dice il vicepresidente della commissione Trasporti della Camera, Andrea Casu. Chiedendo di “attivate misure compensative per chi sta subendo i danni“, perché “non è pensabile rispondere dicendo semplicemente a centinaia di migliaia di persone di riprogrammare le proprie vacanze“.
Ancora più duro il portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli (Avs): “L’Italia è nel caos trasporti e il ministro competente, Salvini, si occupa di tutto tranne che dei Trasporti, continuando a giocare con il plastico del Ponte sullo Stretto“. Al coro di critiche si accoda anche Azione, con Osvaldo Napoli: “Il ministro ‘patriota’ Matteo Salvini si occupa di un sacco di cose, dagli immigrati alle questioni di genere, tranne di ciò per cui viene pagato dagli italiani – accusa -. I treni viaggeranno per tutto agosto, cioè nel mese in cui il traffico viaggiatori tocca la punta più alta, con ritardi programmati intorno ai 150 minuti“.
Intanto arrivano buone notizie sul fronte infrastrutturale, perché il Cipess ha deliberato di ripartire circa 2,5 miliardi di euro di fondi straordinari per il settore ferroviario, tramite il secondo atto integrativo al Contratto di Programma tra Mit e Rete ferroviaria italiana.