Carlo Castellano in una bella intervista su ‘La Repubblica’ di qualche giorno fa ha sostenuto che la Liguria non può essere soltanto attività marittime e turismo ma che anche l’industria vi è centrale.
Sono completamente d’accordo con lui e penso che se si vuole pensare a un futuro per la nostra comunità la tradizione e la cultura industriale siano una base indispensabile per costruire un’economia evoluta.
Le città e le regioni più avanzate del mondo vivono di un mix diversificato di attività in cui conoscenza e innovazione sono gli ingredienti fondamentali. Le imprese industriali da sempre sono le principali protagoniste dell’accumulo di know how e dell’innovazione.
Genova e la Liguria, per secoli e con straordinaria modernità, hanno visto convivere attività mercantili e marittime, finanziarie, assicurative con solidi insediamenti industriali radicati nel tessuto economico e sociale nonostante la ristrettezza degli spazi fisici a disposizione delle fabbriche.
Nel ’900 e in particolare nel secondo dopoguerra le grandi aziende industriali genovesi e liguri sono state soprattutto pubbliche nel sistema delle partecipazioni statali: Italsider, Italimpianti, Ansaldo, Nira, Fincantieri, Elsag e altre ancora. Queste imprese hanno rappresentato non solo un fondamentale presidio economico e sociale ed un traino per le catene di subfornitura delle pmi private, ma anche un concentrato di conoscenza e di saperi industriali di grande importanza e un naturale sbocco occupazionale per le giovani generazioni formate dalla nostra università.
La fase terminale e di decadenza del sistema delle Partecipazioni Statali ha offuscato il valore di quella presenza e di quella cultura industriale che aveva avuto invece momenti di grande modernità e innovazione nella visione strategica e nel management.
Cultura industriale e del lavoro, del progresso tecnologico e dell’innovazione che ha storicamente permeato nel profondo anche la classe operaia genovese e ligure, cresciuta in una dimensione produttivistica e favorevole agli investimenti e allo sviluppo. Il ricordo di quell’impostazione e di quella cultura fa comprendere la distanza tra quella classe operaia e certe tendenze odierne caratterizzate dalla ideologia del ‘no’ e della decrescita felice.
Costruire oggi un riscatto di Genova e della Liguria dopo anni di declino e di progressiva marginalizzazione dalle traiettorie di crescita del Paese significa innanzitutto sconfiggere il luogo comune che l’industria è il passato.
Al contrario vi sono iniziative e opportunità che lanciano le imprese liguri su alcuni dei più importanti vettori di innovazione: cyber security, in una logica di sicurezza che ingloba anche la difesa, e big data ed intelligenza artificiale e tecnologie del subacqueo con il Centro di La Spezia. Questi due ambiti sono presidiati da due delle più importanti aziende italiane, Leonardo e Fincantieri, che hanno recentemente ricostruito percorsi di collaborazione e di crescita comuni.
Vi sarebbe poi l’opportunità di fare diventare Genova e la Liguria capitali delle tecnologie per la transizione energetica. Vi sono infatti molte aziende da Ansaldo Energia, alla ERG, a Duferco, alla EON, dall’Alstom a Iren e altre ancora di minore dimensione che operano in questi settori con significativi investimenti e masse critiche.
Università ed IIT rappresentano in questo contesto importantissimi luoghi di conoscenza teorica e applicata. Bisogna migliorare la connessione tra questi due presidi di conoscenza e le imprese. In particolare si ha talvolta la sensazione che l’IIT, con i suoi oltre 1000 ricercatori di cui metà stranieri, sia ancora un’astronave atterrata sulle colline di Morego il cui equipaggio non è ancora sceso in città. Lo sviluppo di start up e l’applicazione alle imprese liguri di innovazioni create in IIT può essere molto più importante di quanto non sia oggi.
La Liguria poi, con il comparto della nautica da diporto di La Spezia e in particolare dei megayacht la cui domanda è in costante crescita, si inserisce a pieno titolo nella famiglia della manifattura italiana ad alto valore aggiunto e ad alte esportazioni. Un comparto pieno di tecnologia e di design, di italian style che attira professionalità e creatività di tanti giovani.
L’industria deve tornare al centro dell’attenzione anche in Liguria. La storica mancanza di spazi per gli insediamenti produttivi, in un’era di immaterialità e di digitalizzazione, è sempre meno cogente.
Al contrario la qualità dell’ambiente, dell’aria di mare, del contesto urbano sono sempre di più fattori di localizzazione di cervelli e di persone abituati ormai a lavorare, grazie alle connessioni digitali, là dove si vive meglio.
La localizzazione di queste conoscenze e professionalità costituirà sempre di più in futuro una gara tra varie città e regioni per assicurarsi le risorse e i talenti migliori. Genova e la Liguria hanno le carte in regola per partecipare a questa gara se saranno capaci di sfruttare la loro cultura e tradizione industriale, e se sapranno guardare verso il Mediterraneo e verso le economie che più si svilupperanno in futuro.
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