Bce contro il Green Deal: una eurograna per l’esecutivo che verrà

Adesso che anche la Banca centrale europea, attraverso uno studio, ha messo in discussione il Green Deal, almeno come l’ha pensato finora la Ue, non si tratta più solo di Frans Timmermans – l’ex vicepresidente della Commissione, fondamentalista verde continuamente tirato per la giacchetta nonostante abbia lasciato gli uffici di Bruxelles – ma a essere sotto esame è l’intera strategia ambientale del nostro continente. Sintetizzando, la Bce ha detto che la transizione verde costa. Troppo. E che nel breve e medio termine il salasso sarà quasi insostenibile e che i benefici si vedranno alla lunga. Nel mentre, le aziende vanno incontro a un periodo di sofferenza quantificato in maniera netta: un terzo delle performance imprenditoriali saranno condizionate dalla svolta ambientale.

Scattata la fotografia e messi a nudo i disagi, cosa succederà? Il nuovo esecutivo che scaturirà dalle elezioni europee del prossimo giugno dovrà prendersi carico di problematiche parzialmente corrette nelle ultime settimane, dalle case green agli imballaggi, agli agrofarmaci. Esasperazioni che sono state ricondotte nell’alveo del buonsenso. Ma a quanto pare non basta. E se davvero sarà Ursula von der Leyen a dare seguito a se stessa nel ruolo di presidenza della Commissione – eventualità sempre più remota con il trascorrere dei giorni e le tensioni interne al Ppe – le toccherà innestare una parziale marcia indietro e prendere contezza di una realtà mutata dalle crisi internazionali e dalle guerre, dai malumori di molte aziende di molti Paesi membri.

La sfida è coniugare la diminuzione delle emissioni di Co2 senza abbattere o mortificare la produttività. Una sfida da vincere malgrado di recente la Ue abbia comunicato i nuovi target per la riduzione delle emissioni, che devono essere del 90% in meno rispetto al 1990 entro il 2040 per poi arrivare allo zero nel 2050. L’ambizione è diventare il primo continente neutral zero del Pianeta, una medaglietta da appuntarsi al petto mentre Cina, India, Usa e Russia viaggiano motu proprio, cioè hanno margini di operatività meno stringenti rispetti a quelli che si è dati e si vuole dare l’Europa. Un dettaglio non trascurabile di cui tenere conto.

Vittorio Oreggia

Recent Posts

Cop29, nasce Baku Climate and Peace Action Hub: c’è anche il Piano Mattei

La presidenza della Cop29 è stata incaricata di ospitare il Baku Climate and Peace Action…

11 ore ago

Trasporti, Schlein: Italia paralizzata dai ritardi dei treni, governo chieda scusa

“Mentre Salvini straparla di qualsiasi argomento, perfino sui satelliti di Musk e sulla giornata della…

11 ore ago

Lite Meloni-Schlein su Fitto. La dem: “Stallo creato da Vdl e Ppe, allargano a destra”

Non si placa lo scontro a distanza tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Questa volta,…

12 ore ago

Fvg, Wwf: Petizione trilingue per il Tagliamento: è in pericolo con nuove opere

A seguito dell'appello degli esperti internazionali, 800 residenti in 35 diversi paesi, le associazioni regionali…

13 ore ago

Ue, Tajani vede Weber: Necessario approvare nuova Commissione in tempi previsti

"Grazie a Manfred Weber e agli amici della CSU per il proficuo incontro di oggi…

13 ore ago

Ponte Stretto, Santillo (M5S9: Salvini vuole mastodonte inutile e Paese è paralizzato

“Partiamo da un dato tecnico: il Ponte che ha in mente Salvini è lungo due…

13 ore ago