Dai che forse ci siamo. Forse. E il dubitativo è d’obbligo quando c’è di mezzo l’Europa. Anzi, gli interessi dell’Europa. Perché l’annuncio di Ursula von der Leyen, in capo a un week end piuttosto turbolento per il tranquillo tran-tran della Ue, sul price cap – “Spero in un accordo nei prossimi giorni” – suona abbastanza scarico di aspettative. La ragione è semplicissima: sono mesi, ormai, che i 27 Paesi membri stanno cercando un punto di caduta che accontenti tutti, o per lo meno non scontenti nessuno, senza riuscirci. Perché c’è sempre qualcuno che non è d’accordo, c’è sempre qualcuno che alza la mano e ha da eccepire. Perché ormai anche i sassi hanno intuito che chiacchiere e buoni propositi mal si coniugano con i propri tornaconti.
Ma questa è l’Europa, baby. Che verosimilmente andrebbe adeguata rispetto a sistemi ormai obsoleti, a cominciare dall’unanimità dei consensi. Però la questione del gas non può aspettare, specialmente adesso che l’inverno si sta facendo sentire e i consumi sono in forte impennata. Mettere un tetto al prezzo del gas è sempre stato il cavallo di battaglia del governo Draghi e sta diventando sempre più impellente anche per quello di Giorgia Meloni. Il punto è che in queste settimane, dalla fine delle vacanze a oggi, si è assistito a uno stucchevole balletto sui tempi e sulla definizione della soglia da sollevare più di un sospetto. Ora, alla vigilia del consiglio dell’energia che si terrà a Bruxelles, pare – secondo la presidente della Commissione – che anche i più riottosi (Germania e Olanda) abbiano trovato un punto di caduta. Lo vedremo alla prova dei fatti.
Il ministro del Mase, Gilberto Pichetto Fratin, è pronto a dare battaglia. E, qualora non lo fosse, conviene che si attrezzi. Farsi sentire a Bruxelles è molto più complicato che agganciare l’uditorio italiano/romano. Ma il tempo è scaduto perché tra una discussione e l’altra, un passo avanti e due indietro, il prezzo del gas sta risalendo…
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