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Confindustria ed ENEA rilanciano nucleare ‘pulito’: “Può valere 2,5% Pil”

Circa 117 mila nuovi posti di lavoro, con un primo impianto operativo nel 2035. E un ritorno economico pari al 2,5% del PIL nazionale. Sono i primi numeri legati al reintegro del nucleare (quello pulito, di nuova generazione) nel mix energetico italiano, secondo un rapporto presentato da Confindustria ed ENEA alla Camera.

Tra i principali vantaggi delle nuove tecnologie, emersi dallo studio: emissioni minime lungo l’intero ciclo di vita, produzione programmabile di elettricità e calore, basso fabbisogno di combustibile, ridotta produzione di rifiuti, costo dell’energia stabile perché non influenzato dalla volatilità delle materie prime e maggiore affidabilità della rete elettrica, senza oneri aggiuntivi per la distribuzione. Per quanto riguarda gli aspetti economici per le due tipologie di impianti proposte (Small modular Reactor e Advanced Modular Reactor), lo studio stima la creazione di circa 117.000 nuovi posti di lavoro, di cui 39.000 direttamente nella filiera. Secondo gli scenari analizzati, con un primo impianto operativo dal 2035, il nucleare risulterà vantaggioso sia dal punto di vista economico che energetico, con benefici di rilievo per l’industria, soprattutto per i processi ad alta temperatura difficili da decarbonizzare. Il rapporto sottolinea inoltre l’efficacia di un adeguato sistema di incentivi al nucleare, sulla scia di quanto già avvenuto con le fonti rinnovabili.

“L’energia è un tema di sicurezza nazionale – ricorda il presidente di Confindustria Emanuele Orsini -. Partiamo dall’esigenza del Paese: oggi è impensabile in un momento come questo di rinunciare alle fonti fossili. Se siamo tutti d’accordo sul nucleare, non credo ma me lo auguro, dobbiamo capire che è prioritario ma non possiamo partire domani mattina”. Perché già partendo ora, “le prime sperimentazioni saranno intorno al 2030”.

Sulle tempistiche italiane, per lo meno legate a un quadro normativo di base, interviene il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin: entro fine mese infatti la Conferenza unificata dovrebbe licenziare il parere sul disegno di legge delega sul nucleare, “e poi i tempi del Parlamento non sta al Governo dettarli”. “Finito questo iter – aggiunge – la previsione del ddl delega è che entro 12 mesi ci siano le norme di attuazione”. Perché, precisa, i dati previsionali parlando di un’esplosione dei consumi energetici “che può portare al raddoppio in 10-20 anni”. Per questo, “dobbiamo attrezzarci non per sostituire ma per integrare le energie rinnovabili con qualcosa di continuativo che è il nucleare”. Di fatto, l’energia nucleare “rappresenta una leva strategica per la transizione energetica e per la competitività del sistema produttivo nazionale, in particolare nei settori ad alta intensità energetica”, dichiara Giorgio Graditi, direttore generale di ENEA che detta i passaggi necessari per l’attuazione di un programma sul nucleare sostenibile in Italia: “un approccio integrato che preveda una forte connessione tra industria, ricerca, istruzione e formazione accompagnato da una comunicazione trasparente e basata su dati oggettivi, ossia sul rigore scientifico, per favorire un dibattito informato e una partecipazione attiva che preveda il coinvolgimento di tutte le parti interessate”.

Al momento, oltre 70 aziende italiane già operano in ambito nucleare; si tratta di un presidio che, se opportunamente supportato, può fungere da volano per l’espansione della catena del valore nucleare nazionale. Numerose imprese associate a Confindustria hanno manifestato interesse ad estendere il proprio business nel settore nucleare. Per il rilancio anche industriale della ricerca in campo nucleare, sono già presenti alcuni piani d’investimento, come il Piano di Ricerca Nucleare (PNR). “Il compact nucleare ha generato oltre 4 miliardi di euro di valore e comprende oltre 13 mila occupanti. Le proiezioni ci indicano oltretutto che potrebbe arrivare a generare fino a 120 mila nuovi posti di lavoro e un impatto economico di oltre 50 miliardi l’anno entro il 2050″, precisa il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. In generale, nell’ultima revisione del Pniec è stato previsto uno scenario al 2050 che include una generazione di nucleare pari all’11% del mix elettrico nazionale al fine di garantire una produzione più economica di idrogeno e combustibili sintetici: il tutto “con un risparmio complessivo stimato in 17 miliardi di euro rispetto allo scenario senza nucleare”. Soprattutto, secondo il rapporto, lo sviluppo del nucleare potrebbe generare un ritorno economico pari al 2,5% del PIL nazionale. Il nucleare “non è alternativo alle fonti rinnovabili ma complementare, si integra con il solare e l’eolico accompagnandone lo sviluppo – tiene a precisare Graditi – , quindi è in grado di poter contribuire in modo significativo alla disponibilità di energia programmabile, e assicurare il mix energetico”

Valentina Innocente

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