“I prezzi sono a livelli record. Non abbiamo mai visto niente di simile”, ha detto a ‘Fortune’ Tatiana Mitrova, ricercatrice del Center on Global Energy Policy della Columbia University. Ad agosto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, aveva avvertito che le bollette energetiche elevate sono una “polveriera per la società”. “Possiamo aspettarci alcune proteste”, ha aggiunto Mitrova, secondo la quale l’Europa dovrebbe anticipare movimenti simili a quello dei gilet gialli emersi in Francia nel 2018 per protestare contro l’aumento del costo della vita e delle bollette dell’elettricità: “I politici europei devono prepararsi ad affrontare una stagione molto difficile”. In effetti la “polveriera” di cui ha parlato Scholz pare già esplosa.
Sabato prossimo nel Regno Unito il movimento ‘Don’t pay’ (‘Non paghiamo’) sta organizzando in ogni città una manifestazione diffusa alla quale hanno aderito, con tanto di nome e cognome, già circa 200mila britannici. L’obiettivo degli organizzatori, nonostante il governo conservatore abbia imposto un tetto alle bollette di 2500 sterline annuo, è quello di arrivare a un milione di adesioni per poi procedere concretamente a buttare le bollette e a non pagarle. Il movimento Don’t Pay è solo una parte comunque della protesta, dato che per tutta l’estate la Gran Bretagna ha dovuto sopportare scioperi a raffica in gran parte dei settori, per chiedere aumenti salariali contro il caro-vita.
In Olanda invece già da settimane va in onda una protesta, supportata soprattutto dagli agricoltori, per le regole introdotte dal governo sulle emissioni di azoto e sulla riduzione di animali del 30%. In 30mila, a bordo dei loro trattori, i contadini sono arrivati a scaricare persino il letame davanti al Parlamento. Una pressione troppo forte nei confronti dell’esecutivo che ha portato alle dimissioni del ministro dell’Agricoltura, che ha ammesso di non essere “la persona giusta” per guidare la transizione nel settore.
In Germania, anche domenica scorsa, è andata in scena una protesta per chiedere il ritiro delle sanzioni russe, pace, riduzione delle bollette e prezzi calmierati. Gran parte delle manifestazioni di piazza si svolgono nei Lander dell’ex Europa dell’Est. Ma già a inizio mese sono state numerose le proteste in più città tedesche, 8mila ciclisti hanno anche bloccato una autostrada.
In Italia per ora si è assistito a tante proteste, con tanto di roghi delle bollette, ma isolate. Le associazioni dei consumatori minacciano azioni comuni, i sindacati pure. Gli imprenditori per ora si limitano a mostrare in vetrina i rincari e a fare pressione sulla politica lanciando ultimatum. La prospettiva è però quella di una intensificazione delle azioni.
Il 4 settembre scorso in Repubblica Ceca era scesa in piazza la protesta, con addirittura 70mila persone. Manifestazioni anche in Francia, dove oggi è scattato uno sciopero di 3 giorni dei dipendenti della Totalenergies per chiedere adeguamenti salariali. Violenze in piazza invece in Tunisia e in alcuni Paesi del Medio Oriente.
Secondo i risultati di una ricerca Naomi Hossain, professoressa presso la School of International Service dell’Università americana, sono più di 10.000 gli eventi di protesta energetica che hanno avuto luogo in 138 Stati tra il 21 novembre 2021 e la prima settimana di agosto. Le proteste sono scoppiate sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo e sono spesso sfociate in gravi crisi interne, rivela fDi Intelligence.com. Ma il peggio forse deve ancora venire, in base all’ultima lettura del Civil Unrest Index (CUI) di Verisk Maplecroft – società di consulenza e security britannica – il quale mostra che, nell’ultimo trimestre, c’è stato un aumento del rischio di disordini civili in più Stati. Dei 198 paesi coperti dal CUI, ben 101 hanno visto un aumento del rischio, rispetto a solo 42 dove il rischio è diminuito.
La gravità e la frequenza delle proteste e dell’attivismo sindacale sono destinate ad accelerare ulteriormente nei prossimi mesi, poiché le condizioni per i disordini civili aumentano in un numero crescente di Paesi, prevede la società di consulenza. Come spiegava qualche giorno fa Torbjorn Soltvedt, analista principale di Verisk Maplecroft, all’agenzia Bloomberg, “la potenziale interruzione delle operazioni e delle catene di approvvigionamento è una delle principali preoccupazioni per le aziende, così come la possibilità di essere associata a risposte pesanti ai disordini dei governi colpiti“. “Durante l’inverno, non sarebbe una sorpresa se alcune delle nazioni sviluppate in Europa iniziassero a vedere forme più gravi di disordini civili”, ha aggiunto Soltvedt.
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