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In Italia più grande pipeline mondiale progetti eolico offshore, ma maggior parte è ferma

“L’eolico galleggiante ha il potenziale per diventare uno dei più grandi successi industriali della Gran Bretagna di questo secolo, impiegando 97.000 persone entro il 2050, con molti posti di lavoro nei porti scozzesi e gallesi, contribuendo alla nostra economia con 47 miliardi di sterline grazie alla costruzione e alla fornitura di progetti qui, nonché all’esportazione della nostra tecnologia all’avanguardia in tutto il mondo”. Parole e dati di Luke Clark, responsabile Eolico galleggiante e in acque profonde di RenewableUK, ben si adatterebbero anche all’Italia. Perchè uno studio della stessa associazione britannica delle rinnovabili conferma che sebbene l’Italia abbia la più ampia pipeline di progetti futuri, la maggior parte di essi “si trova in una fase iniziale di sviluppo, senza che nessuno sia ancora operativo o in costruzione”.

Il rapporto ‘EnergyPulse’ segnala infatti che i progetti italiani ‘annunciati’ potrebbero aggiungere oltre 34 GW di capacità, davanti a Regno Unito (31 GW), Stati Uniti (27 GW) e Spagna (24,8 GW). Potenzialità che invece il Belpaese non sfrutta. E dunque lascia andare vanti i competitors. Come Regno Unito, appunto, ma anche Cina. Entro la fine del decennio si calcola che questi due Paesi domineranno il mercato dell’eolico galleggiante rispettivamente con il 45% e il 41% della capacità globale, mentre un’accelerazione dell’attività è prevista in altri mercati principali – come Francia, Norvegia e Giappone – entro il decennio successivo. Le installazioni eoliche galleggianti sono aumentate del 13% negli ultimi dodici mesi, raggiungendo i 277 MW rispetto ai 245 MW di un anno fa, e sono destinate a crescere di quasi dieci volte, raggiungendo i 2,5 GW entro il 2030. In totale, 16 progetti sono pienamente operativi in ​​7 paesi. La Norvegia ha attualmente la maggiore capacità operativa, con 100 MW distribuiti su tre progetti. Il Regno Unito è al secondo posto con 78 MW distribuiti su due progetti, e la Cina è al terzo posto con 40 MW (cinque progetti). Il Regno Unito peraltro è salito dal terzo gradino del podio superando gli Stati Uniti, dove il rapporto afferma che la maggior parte dei progetti “è sospesa a causa dell’incertezza politica”.

A frenare il boom italiano non è invece l’incertezza politica. O meglio, non solo. Ancora una volta è la burocrazia e la lentezza delle procedure a rallentare lo sviluppo. Lo ha segnalato più volte Anev, l’associazione nazionale energia del vento: “L’Italia si prepara a scrivere una nuova pagina della transizione energetica. Nonostante le condizioni marine favorevoli e un potenziale significativo, l’eolico off-shore nel nostro Paese non è mai davvero partito. Oggi, però, ci sono tutti i presupposti – tecnologici, normativi e culturali – per avviare finalmente una rinascita consapevole e strategica”, spiega Aneva a luglio. Secondo il presidente Simone Togni, “l’eolico offshore in Italia è rimasto troppo a lungo in attesa, bloccato da ritardi normativi, incertezze autorizzative e da una visione frammentata. Oggi però le condizioni per cambiare passo ci sono tutte: abbiamo tecnologie mature, una filiera industriale pronta, competenze consolidate e ampie aree marine adatte allo sviluppo”.

In estate il terzo summit del comparto si era arricchito di uno studio realizzato da un team di professori e ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Astronautica, Elettrica ed Energetica della Sapienza di Roma sugli impatti economici, occupazionali e sociali legati allo sviluppo dell’eolico offshore galleggiante in Italia. Dal dossier emerge che con investimenti tra 10 e 20 miliardi di euro sarebbe possibile impostare sul territorio nazionale la realizzazione di quote di costruzione significative riguardanti floater e sottostazioni. E i posti di lavoro conseguenti a tali investimenti risultano essere fino a 60 mila dipendenti full time. Della questione si occupa anche Legambiente: l’ultimo rapporto sulle rinnovabili (non solo eolico) dice che dal 2015 al 15 gennaio 2025 sono 2.109 i progetti avviati a valutazione. Di questi, secondo le elaborazioni da dati del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, 115 i progetti in attesa della determina da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 85 quelli che hanno ricevuto il parere della commissione tecnica Via Pnrr-Pniec ma che alla data del rapporto rimangono in attesa del parere del Ministero della Cultura, 1.367, pari all’79% del totale, quelli in fase di istruttoria tecnica da parte del Comitato Pnrr-Pniec (con 44 progetti risalenti al 2021, 367 al 2022, 505 al 2023 e 451 al 2024).

Valentina Innocente

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