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La cottura passiva della pasta? È un’idea degli anni ’60

Ha fatto storcere il naso a tanto, soprattutto ai ‘puristi’, ma la cottura passiva della pasta non è certo una novità. Diventata virale grazie all’esperimento social del premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi (e, prima ancora, dal divulgatore scientifico Dario Bressanini), è nata – almeno ufficialmente – alla metà degli anni ’60 del secolo scorso. Merito di Vincenzo Agnesi, erede dell’omonima famiglia che nel volumetto ‘È tempo di pasta’ teorizzava “il nuovo sistema di cuocere gli spaghetti“. La sua ricetta era semplice: mettere sul fuoco molta acqua salata, “circa 10 volte il peso della pasta“, portare a ebollizione e buttare la pasta. Dopo due minuti “si chiude il gas, si copre la pentola con un asciugatoio da cucina” e si mette il coperchio, così “il gioco è fatto“.

A distanza di circa 55 anni l’idea è tornata in auge, seppur con qualche modifica rispetto all’originale teorizzata da Agnesi. “Nel 2017 – spiega Florindo Magnamini, responsabile Ricerca e Sviluppo dello storico marchio – abbiamo implementato la ricerca su questo metodo“, che consente di ridurredel 75% la quantità di acqua utilizzata per la cottura e del 75% l’energia impiegata“. La ‘formula magica’ è semplice: se con il metodo tradizionale si utilizzano circa 5 litri di acqua per 500 grammi di pasta, con la cottura passiva se ne utilizzano appena 1,2 litri. La pasta va inserita nell’acqua fredda e portata a ebollizione. “Cinque litri di acqua – dice Magnamini – ci mettono circa 18 minuti a raggiungere il bollore, mentre con questo sistema ce ne vogliono appena 7“. Una volta che l’acqua ha raggiunto i 100° si mette il coperchio e si spegne il fuoco. La pasta cuocerà, quindi, in modo passivo fino alla completa cottura. E il gusto? “È identico“, assicura.

Ma chi non se la sente di stravolgere così le proprie abitudini, può comunque mettere in pratica una serie di accorgimenti per risparmiare energie. Intanto usando il coperchio durante la fase di ebollizione si accelerano i tempi di cottura, risparmiando fino al 6% di energia ed evitando la stessa percentuale di emissioni di Co2. “Se tutti gli italiani seguissero questi accorgimenti ogni volta che cucinano la pasta – spiega l’Unione italiana food – si risparmierebbero in un anno fino a 44,6 chilowattora, 13,2 chili di CO2e e 69 litri di acqua. E se lo facessimo tutti, i risultati diventerebbero davvero importanti: risparmieremmo tra i 356 milioni e i 2,6 miliardi di chilowattora in un anno (pari a un secolo e mezzo di calcio in notturna in Europa, coppe comprese), 4.100 m³ di acqua, sufficienti a riempire 1640 piscine olimpioniche e fino a 776 chilotonnellate di CO2e, le emissioni di una macchina per 21 viaggi andata-ritorno tra la Terra e il Sole“.

Nadia Bisson

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