Aumentare le forniture di gas e petrolio sui mercati internazionali per prevenire crisi di approvvigionamento. Bruxelles prepara il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina e stavolta potrebbe includere le importazioni di petrolio, ma cerca strade alternative per compensare le forniture di greggio in arrivo da Mosca. L’Ue è dipendente per circa il 27% dalle importazioni di petrolio russo e finora le uniche misure restrittive riguardanti forniture energetiche hanno colpito il carbone (con entrate per Mosca per 8 miliardi di euro/anno).
Un sesto pacchetto di sanzioni è sul tavolo di Bruxelles, ma si cerca di capire come tagliare le entrate energetiche della Russia senza andare incontro a gravi ripercussioni per l’economia europea. Si cercano dunque le vie alternative del petrolio. Lunedì, in occasione del 15° dialogo di alto livello sull’energia che si è tenuto a Vienna, la commissaria europea competente, Kadri Simson, ha chiesto ai Paesi produttori di gas e petrolio dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di Petrolio (Opec) “di agire in modo responsabile e a considerare la loro capacità di aumentare le forniture sui mercati internazionali, in particolare dove la produzione non raggiunge la piena capacità”.
Simson ha ribadito quanto già avevano espresso i Paesi membri del G7 (Germania, Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone, Regno Unito) in una dichiarazione congiunta di inizio marzo, sottolineando il ruolo dell’Opec per allentare le tensioni sull’energia mercati a causa della guerra in Ucraina. La replica dell’Opec è stata fredda e alla richiesta di aumentare le forniture il segretario generale Mohammad Barkindo ha risposto che “sulla volatilità del mercato, gli attuali sviluppi geopolitici in Europa, insieme alla pandemia di Covid-19 in corso, hanno creato un mercato estremamente volatile e che questi ‘fattori non fondamentali’ sono al di là del controllo dell’Opec”.
La Commissione europea sta elaborando proposte per un embargo petrolifero come hanno fatto già altri Paesi come Canada e Stati Uniti, che però dipendono meno dall’approvvigionamento russo rispetto all’Ue. I Paesi membri dell’Ue sono divisi sulla possibilità di percorrere la stessa strada, e l’Esecutivo ha avviato una serie di colloqui con possibili fornitori alternativi di greggio. Nel quadro dei suoi obiettivi climatici, l’Ue ha già previsto una riduzione sul consumo di petrolio del 30% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Da prima dell’invasione effettiva dell’Ucraina, la Commissione Europea si sta muovendo velocemente sulla scena internazionale per arrivare prima dell’estate con una nuova strategia per un dialogo internazionale sull’energia, con cui Bruxelles punta a sostenere gli Stati membri nei loro contatti internazionali per le forniture energetiche che non siano con la Russia.
Per il momento la comunicazione è calendarizzata lo stesso 18 maggio, quando Bruxelles dovrà presentare i dettagli del suo piano ‘REPowerEU’ per l’indipendenza dai combustibili fossili russi entro il 2027. Indipendenza che deve passare attraverso nuovi fornitori, tanto che la Commissione Ue sta lavorando per un nuovo “partenariato multisettoriale” con i Paesi del Golfo Persico (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar) che sono i principali fornitori internazionali di idrocarburi, i componenti essenziali del petrolio greggio, dei gas naturali e di altri combustibili. L’iniziativa è tesa “a vedere con occhi nuovi le relazioni tra l’Ue e il Golfo” sostiene Bruxelles, soprattutto sul piano della sicurezza energetica dell’Ue. Uno dei pilastri su cui si fonderà il “futuro dialogo” con i Paesi del Golfo è proprio dedicato all’energia e alla transizione verde.
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