Carlo Stagnaro è direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni. Ha ricoperto vari incarichi presso il Ministero dello Sviluppo Economico durante i governi Renzi e Gentiloni, tra cui quello di capo della segreteria tecnica del ministro Guidi. Si è occupato, in questa veste, della legge annuale per la concorrenza e del decreto ‘taglia bollette’. Ed è socio dell’Associazione Italiana degli Economisti dell’Energia e della Società Italiana di Fisica.
Direttore, il grosso tema, anche dopo gli ultimi interventi di Putin, è quello dei flussi di gas. Tra stoccaggi e forniture da altri Paesi, extra Russia, potremmo stare al sicuro quest’inverno anche in caso di un taglio delle forniture di Gazprom?
“Dipende cosa si intende per stare al sicuro. Il ragionamento va affrontato in ottica europea, dato che il problema è comune. La mia sensazione è che se i flussi vanno a zero possiamo superare l’inverno con due caveat importanti: sperare in un inverno mite e mettere in atto politiche di risparmio energetico, che si dovevano avviare già prima dell’estate. Poi ci sono due aspetti che vanno avviati quasi da zero: intanto una seria campagna informativa, concreta, per sensibilizzare le persone a essere attente e a capire come stare attente. Mi spiego: bisogna dire che abbassare di un grado la temperatura vale tot risparmi. Se prima dell’estate ci fosse stata campagna per usare bene i condizionatori avremmo risparmiato qualche molecola in più… Altra cosa: fare quello che dice la Ue, ovvero incentivi per imprese e famiglie in favore di chi risparmia energia. E’ complicato, certo, bisognava anche in questo caso costruire qualcosa per tempo, però è fondamentale. Altrimenti, se tutto gira male, ci toccheranno tagli obbligatori…”
A proposito di piano razionamento: non sarebbe il caso di stabilire subito chi e quando deve spegnere? Col Covid ci si basava sui codici Ateco, si può ripetere questa esperienza?
“Serve assolutamente fin da subito un piano chiusure ordinato, in modo che aziende e famiglie si preparano, non chiudono per fallimento e riorganizzano l’attività in questa fase emergenziale. Ma insisto: sono necessari micro-incentivi proprio per non chiudere. Penso a una cassa integrazione pagata per le ore non lavorate o una ripresa dello smart working”.
Molti operatori del mercato libero segnalano la mancanza di gas da acquistare sul mercato. In un recente articolo del Sole24Ore un anonimo operatore paventa il rischio di un deficit di 20 miliardi di metri cubi. E’ una ipotesi verosimile?
“Qualche rischio di carenza di materia prima c’è soprattutto per le imprese c’è. Il problema deriva dal fatto che io venditore di energia fatico a trovare un grossista per comprare gas. In parte è una questione di incertezza, in parte da un problema di liquidità. I grossisti non si fidano se l’operatore pagherà, poichè a sua volta il cliente finale magari non salderà la fattura… A livello europeo è emerso il tema, la Commissione Ue ha proposto un meccanismo di sostegno stile prestiti Sace durante la pandemia. Questa cosa andava fatta prima, il governo ha perso tempo, ha sbagliato a rimandare. Ha portato avanti invece una serie di cose che aggravano la situazione, penso alla tassa sugli extraprofitti o al divieto di modificare i contratti…”
Perchè non si procede verso una rateizzazione a lungo termine?
“Si può fare ma servono garanzie in favore dei venditori, perchè questi pagano ora il gas ma incassano la bolletta magari in 10 anni”
In Gran Bretagna o in Danimarca la banca centrale ha creato un fondo, insieme ai Tesori nazionali, in favore degli operatori. Perchè non lo fa anche la Bce?
“Tirare per la giacchetta la Bce è difficile, metterla in mezzo può risolvere il problema nell’immediato, ma può creare problemi nel giro di un anno o due. E’ compito dei governi scegliere come indirizzare i soldi. Abbiamo speso o impegnato circa 50 miliardi finora in Italia, tuttavia le bollette sono ancora alte”.
Nel caso alcuni operatori saltassero o rinunciassero a fornire aziende e famiglie, cosa potrebbe accadere? I clienti andrebbero in “ultima istanza” e poi?
“Se salta il distributore è garantita la continuità della fornitura da parte di un soggetto che ha vinto la gara nell’ultima istanza. Per natura però quel servizio ha costi più alti dato che è nato per ospitare principalmente clienti difficoltosi. Se finisci in ultima stanza la spesa energetica aumenta per per cui ti devi trovare al più presto un nuovo fornitore, ammesso che lo trovi…”
Se non saranno realizzati i rigassificatori di Piombino e Livorno si rischia che l’inverno 2023-24 sia peggiore del prossimo?
“Se non riuscissimo a montare queste due macchine sarebbe inverno più difficile. Adesso sono stati riempiti gli stoccaggi pagando l’iradiddio e abbiamo volumi disponibili. Con lo stop delle forniture dalla Russia diventerebbe difficile riempire di nuovo le scorte”.
Come mai la produzione nazionale, nonostante appelli e incentivi governativi, è ferma se non addirittura in calo?
“Il governo è stato coraggioso, ma i decreti attuativi stanno uscendo tardi. L’esecutivo ha fatto un pezzo di strada, semplificando il rilascio di autorizzazioni per cedere a prezzo calmierato il gas alle industrie, poi però bisogna prendere il Pitesai e rivederlo criticamente, magari certi limiti possono essere cambiati data la situazione”.
Il prezzo del gas, quotato ad Amsterdam, è nell’occhio del ciclone. Come si potrebbe riformare? C’è chi suggerisce addirittura di legare le nostre bollette all’Henry Hub americano, che costa 6-7 volte in meno…
“Impossibile, puoi legare le bollette a chi vuoi ma il distributore che c’è in mezzo alla filiera deve poter comprare il gas. Certe proposte avrebbero senso se il problema fosse finanziario, ma il problema è che non c’è gas”.
La Russia può resistere senza fornire 150 miliardi di metri cubi di gas all’Europa?
“Probabilmente sì, anche se a lungo andare verrebbe meno la principale fonte di entrate del bilancio. Certo è che, a livello tecnico, se non esporti gas devi modulare i prelievi, infatti stanno bruciando parte del gas che tirano fuori e non vendono. Il mercato europeo inoltre non è sostituibile subito con l’Asia: servono tempo, terminali di Gnl, tubi, materiali, macchine che la Russia non ha”.
L’Algeria sarà in grado di tenere fede alle promesse di incrementare i flussi verso l’Italia?
“Tema interessante. Per ora sta andando bene, va capito quanto tempo riescono a reggere. Il problema dell’Algeria, nel medio termine, è la crescita demografica ed economica: magari avrà bisogno di più gas per se. Ora a questi prezzi le conviene comunque venderci più gas possibile”.
Quando prevede un allentamento della tensione sulle forniture di gas? 2024 o 2025?
“Se dovessi fare una scommessa direi tra 18-24 mesi. Se l’Europa finisce in una recessione disastrosa è possibile che i prezzi calino, però per vedere un calo strutturale e tornare a prezzi del 2021 basta scavallare 2 inverni”.
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