Polonia, Bulgaria, Finlandia e Paesi Bassi. E poi ancora Germania, Italia, Austria e Francia. La Russia, attraverso il colosso energetico Gazprom, ha iniziato a tagliare o ridurre in modo consistente le forniture di gas all’Europa, direttamente ai Paesi membri o attraverso le loro compagnie energetiche di bandiera. Costringendo l’Ue ad accelerare con i suoi piani per la sicurezza degli approvvigionamenti prima del prossimo inverno, in cui la domanda di gas è maggiore e si rischiano difficoltà.
Il “prossimo inverno è alle porte e sarà un momento impegnativo. Dobbiamo prepararci completamente per qualsiasi scenario”, ha avvertito la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, in audizione all’Europarlamento questa settimana. A quanto riferisce, l’Esecutivo europeo continua a incoraggiare gli Stati membri a rafforzare la preparazione di fronte a potenziali tagli alle forniture da parte di Mosca, che potrebbero diventare più frequenti anche se Palazzo Berlaymont continua a rassicurare sul fatto che non c’è rischio immediato di sicurezza degli approvvigionamenti. Incalza i governi ad aggiornare i piani di emergenza nazionali e anche portare a termine gli accordi bilaterali di solidarietà tra stati membri che ancora rimangono in sospeso.
La richiesta di Bruxelles di sottoscrivere accordi di solidarietà tra governi è parte della proposta per un obbligo vincolante per tutti di tenere le riserve di gas piene all’80% della propria capacità entro il primo novembre 2022, che salirà al 90% per gli anni successivi. La proposta è stata avanzata dalla Commissione a fine marzo con l’obiettivo di assorbire gli shock dell’offerta in caso di forte domanda o, come sta avvenendo ora, interruzioni dell’offerta. Un accordo tra i due co-legislatori europei, Parlamento e Consiglio, è stato raggiunto e ora va solo formalizzato per fare entrare l’obbligo in vigore.
Ad oggi però ci sono ancora solo sei accordi tra governi Ue per il gas solidale, tra questi anche una intesa siglata in aprile tra Italia e Slovenia in caso di crisi di approvvigionamento. Il primo accordo bilaterale di solidarietà è stato firmato tra Germania e Danimarca a dicembre 2020, ben prima dell’inizio della guerra. A partire da questo autunno, quando già i prezzi dell’energia hanno iniziato a salire con la ripresa post-lockdown e le tensioni geopolitiche che già c’erano con Mosca, sono arrivati anche gli altri quattro: Germania e Austria a dicembre 2021; Estonia e Lettonia a gennaio 2022; Lituania e Lettonia a marzo 2022; Finlandia ed Estonia ad aprile 2022.
Per la commissaria, non basta. “Nessuno sa cosa può succedere nei prossimi mesi. Ecco perché insisto con gli Stati membri affinché rafforzino la loro preparazione e concludano tutti gli accordi bilaterali di solidarietà in sospeso”, ha spiegato. Quanto agli stoccaggi, le riserve di gas a livello europeo sono al momento piene al 50,2% della propria capacità. Nello stesso periodo dello scorso anno le riserve erano al 44,7%, si rallegra Bruxelles. Ma siamo ancora molto lontani dall’obiettivo dell’80% fissato per il primo novembre prossimo.
Tra le conclusioni dell’ultimo Vertice europeo del 30-31 maggio, i leader europei si sono impegnati a lavorare a un piano coordinato a livello europeo in caso di tagli alle forniture dalla Russia. Non solo quindi piani B a livello nazionale, ma far fronte a una crisi che, chi più chi meno, colpirà tutti. Il tema, molto probabilmente, finirà di nuovo sul tavolo del prossimo Summit in programma la prossima settimana a Bruxelles (23-24 giugno), visto che sarà anche l’ultimo prima della pausa estiva (al netto di Vertici straordinari convocati d’urgenza). Prima la motivazione usata da Mosca per giustificare il taglio era il rifiuto della maggior parte dei Paesi Ue di pagare il gas in rubli, come disposto da un decreto del Cremlino di fine marzo. Poi, Putin ha menzionato problemi tecnici alle turbine danneggiate a causa delle sanzioni varate da Bruxelles. La realtà è che la Russia usa la forte dipendenza energetica dell’Ue (più del 40% del gas importato dall’Ue prima della guerra arrivava da lì) per ricattarla e come ritorsione ai sei pacchetti di sanzioni finora varati (che tra le altre cose includono un embargo sul carbone e uno sul petrolio importato via mare).
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