Fermento per idrogeno verde: ma mancano leggi chiare, fondi e personale qualificato

La filiera dell’idrogeno verde sarà protagonista, sulla carta, della transizione energetica dell’Europa. L’obiettivo è arrivare il primo elemento chimico della tavola periodica e il più leggero fino alla quota del 13-14% nel mix energetico dall’attuale 2%. Il Pnrr ha stanziato finora oltre 3,5 miliardi per promuoverne la produzione, la distribuzione e gli usi finali. E il fermento tra gli operatori è notevole, considerando che il 65% delle aziende del settore ha chiuso il 2022 con una crescita degli investimenti. Il 70% degli investimenti però è autofinanziato attraverso risorse proprie delle imprese, mentre il 22% è coperto da fondi europei, nazionali o regionali. Sulle criticità che ostacolano una solida crescita dell’idrogeno si è concentrato l’osservatorio realizzato da H2IT, l’Associazione italiana delle imprese operative nell’ambito dell’idrogeno, insieme alla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che hanno condotto una indagine tra ottobre e dicembre 2022 sulle imprese associate e rappresentative di tutta la catena del valore dell’idrogeno, dalla produzione fino agli usi finali. Da notare che le imprese del campione in esame hanno dichiarato di realizzare il 63% del fatturato dalla filiera dell’idrogeno grazie a commesse all’estero. In tutte le classi dimensionali prevalgono i mercati internazionali, fatta eccezione per le grandissime imprese (che però molto spesso fanno parte di gruppi internazionali e che hanno risposto solo per la partecipata italiana), tra cui figurano alcune attive nella produzione di idrogeno come feedstock (es. ammoniaca, metanolo, idrogenazione carburi e riduzione diretta dei minerali ferrosi nelle acciaierie) per il mercato interno.

Metà delle imprese – emerge dall’osservatorio – dichiara di avere dei progetti pronti per la commercializzazione, soprattutto nell’ambito della produzione e della mobilità sia di infrastrutture che di veicoli. Tre però sono gli ostacoli da superare affinché l’idrogeno verde venga utilizzato come vettore energetico nel settore della mobilità: legislativo, finanziario e lavorativo.
Rimangono degli ostacoli allo sviluppo della produzione di idrogeno verde in Italia, ovvero ottenuto da fonti rinnovabili, che riguardano criticità trasversali comuni anche per altri settori economici come il difficile ottenimento di autorizzazioni che si accompagna ad una burocrazia pesante e lenta. I problemi maggiori – si legge nell’osservatorio H2It-Intesa – riguardano però un quadro normativo poco chiaro e l’incertezza per la bassa maturità del mercato, seguiti da costi troppo elevati delle tecnologie per gli elettrolizzatori e l’enorme sforzo in nuove fonti rinnovabili da installare per poter raggiungere gli obiettivi europei, per i quali i finanziamenti pubblici sono ritenuti ancora scarsi, nonostante il massiccio apporto previsto dal Pnrr per lo sviluppo di progetti nei prossimi tre anni”.

Inoltre per il 68% delle aziende intervistate “è prioritaria la definizione di normative e regolamenti chiari a livello nazionale che garantiscano un orizzonte temporale di medio lungo periodo, con adeguati piani strategici. Le imprese chiedono inoltre un’accelerazione della definizione dei regolamenti a livello europeo che impatteranno fortemente sullo sviluppo del settore idrogeno nei Paesi membri. Quasi la metà delle imprese ritiene che sia necessario un sostegno da parte dello Stato per accrescere la domanda di idrogeno nella mobilità e nell’industria, finanziando progetti di conversione e decarbonizzazione di scala diversa, dal dimostrativo alle grandi taglie. Una parte consistente di imprese (42%) chiede maggiori investimenti in infrastrutture nazionali”.

Infine c’è un tema competenze. “Per sostenere l’accelerazione tecnologica richiesta dalla filiera dell’idrogeno sono inoltre necessarie competenze specifiche per le quali le imprese incontrano problemi di reperimento: quasi la metà di imprese cerca tecnici specializzati, ma gran parte di queste incontra delle difficoltà. Quasi una impresa su due cerca dei giovani da inserire in azienda come figure junior da formare e più della metà di queste incontra difficoltà di reperimento: certamente il settore promette uno sviluppo importante nei prossimi anni e sarà compito delle istituzioni formative attivarsi da subito per la messa a punto di programmi di istruzione idonei a formare le risorse che verranno impiegate, con il contributo importante dello Stato e delle aziende stesse”, conclude il rapporto nato dalla collaborazione tra H2IT e la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.

Valentina Innocente

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