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Gentiloni: “Pagare il gas in euro non viola sanzioni. Italia vuole price cap”

Dopo l’annuncio di Eni dell’avvio delle procedure per l’apertura del secondo conto corrente in rubli presso Gazprom Bank, dall’Europa arriva un segnale distensivo. A fornirlo è il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni. Spiegando che “il Collegio non ha affrontato nessuna discussione al riguardo“, ma “molto semplicemente sappiamo che la quasi totalità dei contratti delle compagnie europee è in euro o in dollari e fino al momento in cui i pagamenti avvengono secondo questi parametri, non ci sono violazioni delle sanzioni” comminate all’indirizzo di Mosca. Il sistema preteso da Mosca, infatti, prevede che le aziende paghino nella propria valuta, lasciando a Gazprom Bank il compito di cambiarli in rubli sul secondo conto entro un paio di giorni, con un semplice avallo del titolare. La posizione dell’ex premier italiano, comunque, apre una sorta di ombrello sulle grandi compagnie energivore dei Paesi membri, alle prese con una situazione geopolitica difficile da decifrare, una diversificazione delle fonti di approvvigionamento ancora nella fase embrionale e con il rischio di una contromossa russa, magari chiudendo i rubinetti del gas, da scongiurare assolutamente.

All’appello manca ancora una direttiva europea che tracci la rotta da seguire nel momento in cui si avvicinano le scadenze dei pagamenti delle forniture. La discussione è aperta, ma non c’è ancora un’intesa tra tutti gli Stati dell’Unione. Nel frattempo Gentiloni apre alla proposta avanzata dagli Stati Uniti all’Ue di introdurre dazi sulle importazioni di petrolio russo: “È interessante, pensata per limitare le entrate della Russia senza avere eccessive ripercussioni sul mercato – dice -. Noi ci siamo mossi su una proposta diversa che è l’embargo sul petrolio, su cui però ancora non siamo stati in grado di concludere” un’intesa. Riconoscendo, allo stesso tempo, “che l’impatto di questa proposta sui prezzi non è stato eclatante, ma ne continueremo a discutere” alle prossime riunioni G7.

L’energia è stato uno dei temi di cui ha discusso il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, nella sua missione alle Nazioni Unite, dove ha incontrato il presidente dell’Assemblea generale e il segretario generale, Abdulla Shahid e Antonio Guterres, prima di partecipare al ‘Global food security call to action’. “Come governo italiano siamo stati in viaggio in diversi Paesi per nuove partnership energetiche, ma quando negoziamo le quantità è per scongiurare un problema di approvvigionamenti“, spiega il responsabile della Farnesina. Sottolineando di non essere preoccupato dal punto di vista della diversificazione delle fonti, ma “il tema del prezzo resta“. O meglio, “non negoziamo il prezzo, per questo l’Ue deve avere il coraggio di stabilire un tetto massimo: perché il prezzo fuori controllo non dipende dal gas ma dalle speculazioni“.

Sullo sfondo di questo scenario c’è anche l’altro macrotema da tenere costantemente vivo: “Il prezzo del grano sta continuando a crescere per effetto dell’invasione russa in Ucraina. In questa fase storica, secondo diverse stime, potrebbe salire ulteriormente del 20% entro fine anno“, avvisa Di Maio. “Questo produce perdita del potere d’acquisto ma in alcuni continenti particolarmente fragili come l’Africa anche instabilità, proliferazione del terrorismo e tentativi di colpi di Stato“. Per questo “stiamo cercando di costruire un corridoio sicuro per provare a portare via, attraverso i porti ucraini, il grano e permettere ai produttori locali di esportarlo e riportarlo sul mercato. Russia e Ucraina, insieme, rappresentano per alcuni Paesi africani il 90 o il 100% del fabbisogno del grano. In altri Paesi meno, ma in generale vanno oltre il 30 percento. Quello che è accaduto – conclude – sta scatenando una vera e propria guerra del pane da fermare il prima possibile. L’Italia è direttamente coinvolta“.

Nadia Bisson

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