Cambiamento clima incide su sicurezza alimentare. Martina (Fao): “Investire su sistemi agroalimentari”

Il 2022 è stato un anno complicato. Ancora in piena pandemia da Covid, conflitti, un clima caratterizzato da frequenti eventi estremi, prezzi in aumento e tensioni internazionali. Oltre all’economia globale, a subire gli effetti maggiori è stata la sicurezza alimentare. “Le persone in tutto il mondo stanno subendo l’effetto domino di queste sfide che non conoscono confini. Sebbene abbiamo compiuto progressi, molti sono rimasti indietro”, spiega a GEA Maurizio Martina, ex segretario Pd e dal 2021 vicedirettore generale della Fao, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione che si celebra il 16 ottobre. Tema scelto quest’anno dall’agenzia Onu per l’alimentazione e l’agricoltura è proprio ‘Non lasciare indietro nessuno’. “Milioni di persone in tutto il mondo non possono permettersi una dieta sana, e sono ad alto rischio di insicurezza alimentare e malnutrizione”, ribadisce Martina secondo cui è sempre più impellente costruire un mondo sostenibile in cui tutti, ovunque, abbiano accesso regolare al cibo. In particolar modo, sono i più fragili e i più vulnerabili, a non dover essere lasciati indietro: “oltre l’80 per cento dei poverissimi vive nelle zone rurali e molti fanno affidamento sull’agricoltura e sulle risorse naturali per la propria vita. Di solito sono i più colpiti da disastri naturali o causati dall’essere umano e spesso emarginati a causa del loro genere, origine etnica o status. È per loro una lotta ottenere l’accesso alla formazione, alla finanza, all’innovazione e alle tecnologie”.

C’è infatti una sovrapposizione molto evidente nella mappa della fame mondiale con quella dei grandi cambiamenti climatici. Per questa ragione la Fao ha lanciato a giugno una propria strategia contro il riscaldamento globale. “Si tratta di un Piano specifico – illustra il vicedirettore – suddiviso per ogni grande area geografica del pianeta, che ha la finalità di sostenere e indirizzare il cambiamento necessario per definire nuovi modelli agricoli compatibili con le questioni climatiche che stiamo vivendo”. Ovviamente, per attuare ogni tipo di politica condizione indispensabile è la pace: è necessario lavorare quindi per la risoluzione della drammatica situazione in Ucraina, e degli altri conflitti che insanguinano il globo perché “soltanto in un contesto di pace si può pensare a un nuovo modello economico, sociale ed ambientale per trasformare i sistemi agro-alimentari mondiali affinché siano più resilienti, più inclusivi e più sostenibili. Occorre rilanciare la cooperazione multilaterale, mantenere aperti i mercati e i flussi commerciali, rafforzando al contempo la sovranità alimentare delle comunità locali”, continua Martina.

Questa trasformazione richiede un’azione in più settori. In primo luogo, illustra, aumentare l’assistenza agricola di emergenza, concentrando maggiore attenzione sulla produzione locale di cibo nutriente e aumentare i finanziamenti per la sicurezza alimentare sia per le emergenze, sia per lo sviluppo duraturo della produzione agricola. In secondo luogo, investire nei sistemi agroalimentari con politiche che aumentino la produttività e proteggano le risorse naturali. Terzo, una migliore gestione delle risorse naturali per garantire un uso migliore e più efficiente degli output e degli input disponibili: in pratica “dobbiamo produrre di più (e meglio), con meno. Meno acqua, un uso più efficiente dei fertilizzanti e ridurre perdite e sprechi alimentari che attualmente potrebbero sfamare ben oltre 1,2 miliardi di persone”. Infine, applicare scienza e innovazione per rinnovare i sistemi agroalimentari per affrontare il nesso agricoltura-cambiamento climatico-sicurezza alimentare.

D’altra parte, in un momento storico in cui famiglie e imprese devono affrontare i costi esorbitanti delle bollette, come conciliare la tenuta sociale con l’attenzione ad esempio a un’agricoltura sostenibile? “Shock come impennate dei prezzi energetici o attribuibili ai cambiamenti climatici hanno effetti importanti sugli equilibri delle diverse attività fino a raggiungere le tasche dei cittadini”, ammette Martina, convinto però che “lo sforzo che si sta facendo per trasformare i sistemi agro-alimentari per far sì che siano più sostenibili e più equi avranno ripercussioni positive su tutta la comunità”. Per il vicedirettore Fao, la recente guerra russo-ucraina e gli effetti della pandemia stanno dimostrando quanto il settore alimentare sia strategico. “Per questo motivo tutte le regioni del mondo stanno ripensando i propri sistemi agroalimentari e in questo contesto la transizione ambientale richiede una trasformazione di carattere agricolo e alimentare, che dobbiamo attuare con una capacità di innovazione concreta, investendo sulla diversità, sulla specificità di ogni sistema agricolo e alimentare e analizzando i contesti territoriali”.

Un’altra questione urgente è l’elevata quantità di perdite e sprechi alimentari che potrebbe sfamare circa 1,26 miliardi di persone all’anno. In questo senso, l’Italia, prima della Spagna, ha promulgato una legge in materia quando Martina era ministro dell’Agricoltura, la legge sugli sprechi e le eccedenze alimentari del 2016, che istituisce un fondo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, destinato al finanziamento di progetti innovativi integrati o di rete, finalizzati alla limitazione degli sprechi e all’impiego delle eccedenze alimentari e alla loro destinazione agli indigenti, nonché alla promozione della produzione di imballaggi riutilizzabili o facilmente riciclabili e al finanziamento di progetti di servizio civile nazionale. Molto spesso basterebbe invece “imparare” a fare la spesa, avendo cura di cosa e quanto comprare. “Imparare a usare gli avanzi, insomma dare al cibo il valore che merita”, conclude Martina. Il cosiddetto ‘behavioural change’ dei singoli consumatori, che è un passo fondamentale per limitare lo spreco.

Nadia Bisson

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