‘One Health’, il must-have per la futura salute globale

‘One Health’, ovvero una sola salute per gli umani, gli animali e l’ambiente. L’approccio olistico che vede salute umana, animale e dell’ecosistema che ci circonda legate indissolubilmente, è diventato centrale nelle politiche internazionali in materia di salute pubblica in particolare dopo lo scoppio della pandemia Covid-19. L’idea esisteva già da prima che il Coronavirus invadesse le nostre società: nel 2017, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) definiva ‘One Health’ come un approccio integrato per l’attuazione di programmi, scelte politiche e ricerca “in cui più settori comunicano e lavorano insieme per ottenere risultati migliori in materia di salute pubblica”, dalla sicurezza alimentare al controllo delle malattie che possono diffondersi tra animali ed esseri umani (le zoonosi), come l’influenza e la rabbia, passando anche dalla lotta alla resistenza dei batteri agli antibiotici (la cosiddetta resistenza antimicrobica).

Dallo scoppio della pandemia Covid-19 è diventato più urgente tradurre questo concetto astratto in azioni concrete e strumenti tangibili per prevenire problemi di salute pubblica. La scienza stima che, dopo quella del coronavirus, il 70% delle future pandemie deriverà da malattie zoonotiche, ovvero infezioni che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra animali e l’uomo. Così come uomini e animali possono essere infettati dagli stessi microbi, dal momento che condividono gli stessi ecosistemi. Da qui l’imperativo di comprendere meglio i legami che esistono tra salute umana, animale e anche ambientale, dal momento che far convergere gli sforzi in un solo settore può non essere risolutivo per la prevenzione di malattie che rischiano di mettere in pericolo la salute globale. Intervenendo sul controllo delle malattie degli animali, si può ad esempio limitare anche la loro trasmissibilità all’uomo. Ma c’è anche una forte componente legata all’ambiente e alla salute dell’ecosistema che ci circonda. Ad esempio, proprio nel caso del Covid-19, si ritiene che la sopravvivenza e trasmissibilità del virus siano state influenzate anche da altri fattori legati al clima, come le temperature e l’umidità, oltre che dalle caratteristiche del virus stesso. Inoltre, secondo vari esperti, gli agenti ambientali e atmosferici sono stati fattori che hanno favorito lo sviluppo della pandemia, soprattutto nei primi mesi del 2020 e nelle aree più esposte a inquinamento urbano e industriale.

Un approccio multisettoriale ai problemi di salute pubblica è un “must-have” per la salute globale futura, lo definiva tempo fa il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nel pieno di un’ondata dei contagi nel Continente europeo. Bruxelles, così come le organizzazioni internazionali dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) alla Fao (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) e anche i singoli Paesi hanno sposato l’approccio ‘One Health’ e intendono metterlo al centro delle politiche di salute pubblica per essere più efficaci nel prevenire e controllare le malattie che si diffondono tra animali e umani. L’Italia ha fissato l’impegno per una piena attuazione del principio nel suo piano strategico 2021-2023 presentato dall’Istituto Superiore di Sanità per “promuovere la crescita della capacità multidisciplinare necessaria per le sfide sanitarie complesse a livello nazionale e internazionale”.

Giulia Proietto Billorello

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