Gli agricoltori francesi e tedeschi manifestano la loro opposizione all’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e i Paesi sudamericani del Mercosur fuori dal Parlamento europeo di Strasburgo, dove gli eurodeputati sono riuniti in sessione plenaria. “L’obiettivo è ricordare agli eurodeputati che siedono qui oggi che il Mercosur non è una buona cosa per l’agricoltura francese o europea”, spiega all’AFP Paul Fritsch, presidente della Coordination rurale du Bas-Rhin. Denuncia “la concorrenza di Paesi che non hanno i nostri stessi standard. Standard sociali, soprattutto salari e oneri sociali, ma anche standard sanitari, prodotti fitosanitari e standard ambientali”.
I manifestanti parcheggiano una ventina di trattori davanti al Parlamento europeo tra un coro di clacson. Sui veicoli, striscioni che recitano “Non avvelenate i nostri figli con i vostri prodotti importati” e “Trattato UE-Mercosur, morte dell’agricoltura”. “Mehr Freiheit, Weniger Brüssel” (Più libertà, meno Bruxelles), “Stoppt Mercosur” (Fermate il Mercosur): gli agricoltori tedeschi si uniscono alla manifestazione, con le stesse richieste. “Chiediamo la sovranità alimentare, che il cibo che mangiamo sia prodotto localmente”, scandisce Fritsch, che negli ultimi mesi ha organizzato altre manifestazioni di agricoltori, tra cui la distribuzione di mele per sensibilizzare i consumatori.
Il 6 dicembre, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato la conclusione dei negoziati per un accordo Ue-Mercosur, ma l’accordo deve ancora essere ratificato. L’accordo faciliterebbe l’esportazione di automobili, macchinari e prodotti farmaceutici da parte dell’Ue, già il principale partner commerciale del Mercosur (Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay e Bolivia). D’altra parte, permetterebbe ai Paesi sudamericani interessati dall’accordo (Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay) di vendere all’Europa carne, zucchero, riso, miele, soia, ecc. La Francia considera questo accordo “inaccettabile” e ritiene che gli agricoltori del Mercosur debbano rispettare le norme ambientali e sanitarie in vigore nell’Ue, per evitare una “concorrenza sleale”.
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