Inquinamento da plastica, non ci sono soluzioni ‘magiche’

I produttori di materie plastiche dovranno abbandonare i combustibili fossili perché le misure già concordate per ridurre il consumo sono lungi dall’essere sufficienti per raggiungere gli obiettivi climatici di Parigi e Glasgow”. Lo ha ammesso, per la prima volta, l’industria europea nello studio ‘ReShaping plastics’.

Secondo la ricerca, l’industria europea della plastica deve riorganizzarsi e investire massicciamente nei prossimi cinque anni in varie “innovazioni radicali” per rendere la produzione sempre più ‘circolare’, riducendo drasticamente il consumo di petrolio greggio, le emissioni di Co2 e affrontando la questione dei rifiuti. “Il riciclaggio da solo non sarà sufficiente” per raggiungere l’obiettivo dichiarato dall’industria di zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050.

Riconosciamo la gravità della crisi climatica e la sfida posta dai rifiuti di plastica“, ha detto Virginia Janssens, direttore generale di Plastics Europe, che riunisce le principali industrie europee della plastica, petrolchimiche e di riciclaggio.

Finora, l’industria della plastica ha sostenuto il riuso, ma allo stesso tempo ha continuato a incoraggiare la crescita della produzione di plastica vergine da combustibili fossili, senza affrontare la trasformazione del processo di produzione stesso.

Lo studio, pubblicato dalla società di consulenza ambientale britannica SystemiQ – specializzata nel cambiamento dei sistemi e pubblicato da Afp – sta “scuotendo l’industria“, ha detto Jean-Yves Daclin, direttore generale di Plastics Europe France. Le azioni lanciate contro la plastica monouso o per il riciclaggio “non permetteranno di raggiungere gli obiettivi climatici“, è dunque necessario “accelerare il movimento“, ha aggiunto Daclin.

Una buona parte dello sforzo da fare può essere fatta già dal 2030“, riducendo i volumi prodotti, riutilizzando, sviluppando il riciclaggio – meccanico e chimico – o sostituendo i materiali con prodotti a base biologica nel caso degli imballaggi, per esempio.

Oltre ai tradizionali approcci dell’economia circolare (eco-design, riutilizzo, riciclaggio), soluzioni tecnologiche meno mature, tra cui l’uso di idrogeno verde, l’uso di tecnologie di cattura e stoccaggio di Co2 per rigenerare la plastica nei cracker a vapore, la transizione verso polimeri a base biologica dalla biomassa e l’elettrificazione dei cracker a vapore, sono “essenziali” per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette di Co2 in Europa, mostra lo studio.

ReShaping Plastics’ si concentra su quattro dei principali usi della plastica (imballaggi, articoli per la casa, automobili e costruzioni) e presenta sei scenari, delineando le misure da adottare per raggiungere gli obiettivi climatici. Entro il 2030, secondo la ricerca, il 50% della plastica europea potrebbe provenire da qualcosa di diverso dal petrolio fossile, rispetto al solo 14% di oggi. Nel 2050, questo tasso dovrebbe salire al 78%, con la produzione di plastica vergine che consuma solo 10,8 milioni di tonnellate di petrolio all’anno, rispetto ai 44 milioni di oggi.

Lo studio è il risultato di 12 mesi di lavoro di un gruppo di scienziati supervisionati da un gruppo di esperti internazionali tra cui industria, accademici e il direttore generale della Ong Zero Waste Europe, Joan Marc Simon.

Nadia Bisson

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