Miele italiano in crisi per import dalla Cina a prezzi bassi ed effetti clima

I primi cinque mesi del 2024 hanno evidenziato un calo della domanda di miele nazionale da parte delle principali aziende di confezionamento e commercializzazione, dovuta alla contrazione dei consumi finali e delle esportazioni. Il rallentamento degli scambi e il conseguente accumulo di scorte, come evidenzia Ismea nel report Tendenze, hanno avuto un impatto negativo sui prezzi, nonostante il calo dei raccolti della scorsa primavera. I listini all’ingrosso, salvo poche eccezioni, si sono mantenuti infatti sui livelli particolarmente bassi del 2023, con il miele di acacia e il millefiori ai minimi degli ultimi 7 anni. A condizionare il mercato è però anche la presenza di prodotto estero a prezzi ulteriormente concorrenziali che l’Italia importa specialmente da Ungheria, Polonia e Ucraina.

L’import infatti pesa il 46% del fabbisogno nazionale, con oltre 24 mila tonnellate di prodotto acquistato dall’estero, benché in lieve flessione rispetto ai quantitativi record del 2022 (-2%), per un valore prossimo agli 80 milioni di euro (-17% sul 2022 a causa del decremento generalizzato dei prezzi esteri).
A impensierire i nostri produttori non è tanto l’export, ma il prezzo medio del prodotto importato dai Paesi extra Ue che – secondo Coldiretti – è stato di 2,14 euro al chilo. “Una mole di prodotto a prezzi stracciati finita nel mirino di un’indagine della Commissione Ue che ha fatto analizzare una quota di campioni di miele importato, riscontrando che nel 46% dei casi non è conferme alle regole comunitarie, con l’impiego di sciroppi zuccherini per adulterare il prodotto, aumentarne le quantità e abbassarne il prezzo e l’uso di additivi e coloranti per falsificare l’origine botanica. Il numero maggiore in valore assoluto di partite sospette proveniva dalla Cina (66 su 89, pari al 74%), mentre il paese con la percentuale più elevata di campioni di miele sospetti è risultata la Turchia (14 su 15, pari al 93%)”.
La produzione nazionale di miele nel 2023 – riporta Ismea – è stata di circa 22.000 tonnellate, in flessione del 12% rispetto all’anno precedente. Una percentuale su cui pesano le condizione estreme climatica.

La siccità non risparmia il miele italiano “con gli alveari alla fame per la scarsità di fioriture e gli apicoltori costretti alle nutrizioni di soccorso per salvare le famiglie di api”. A lanciare l’allarme è ancora la Coldiretti: “Il caldo record che sta condizionando pesantemente anche il settore apicolo, con il crollo della produzione e l’aumento record dei costi a carico delle aziende. Dal cardo agli agrumi, dalla sulla al millefiori fino all’acacia, la mancanza di pioggia nelle regioni del Sud ha cancellato intere fioriture, facendo di fatto mancare il polline necessario al lavoro delle api e – rileva Coldiretti – andando ad aggravare una situazione precaria già dalla scorsa primavera”.

Secondo l’analisi dell’Osservatorio nazionale miele, in Sicilia il raccolto di miele di agrumi è stato praticamente nullo, così come quello di sulla, e la stessa situazione interessa la Basilicata, mentre in Puglia oltre a quella di agrumi è venuta a mancare la produzione di millefiori, con risultati migliori solo per il coriandolo. Soffre anche l’apicoltura calabrese dove al crollo di acacia, agrumi e millefiori si è aggiunto il calo del castagno. “La siccità colpisce anche in Sardegna dove le fioriture di cardo si sono praticamente azzerate. Una situazione che peserà negativamente sul raccolto 2024, considerato che dalle regioni del Sud arriva circa 1/3 della produzione nazionale. Ma a condizionare il lavoro degli apicoltori italiani è stato anche il maltempo al Nord che ha influito negativamente sulla produzione primaverile”.

Nonostante le preoccupazioni dei produttori – sottolinea l’Ismea – il settore apistico tuttavia continua ad attrarre nuovi operatori, sia a livello professionistico che hobbistico. Il numero degli apicoltori in Italia è in costante crescita: nel 2023, secondo le registrazioni nella Banca Dati Nazionale Apicoltura se ne contano quasi 75.000, con un aumento del 37% rispetto al 2019. Di questi, oltre 55.000 sono produttori non professionisti, segnando un incremento del 44% rispetto al 2019. Gli alveari presenti sul territorio nazionale nel 2023 sono oltre 1,53 milioni, in calo del 2% rispetto al 2022. Di questi, l’82% appartiene agli oltre 19 mila apicoltori professionisti. Il Piemonte si conferma la regione con il maggior potenziale produttivo, con oltre 2.600 apicoltori professionisti che possiedono oltre 177.000 alveari, rappresentando il 14% del totale nazionale.

Valentina Innocente

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