Obiettivo sviluppo veicoli a zero emissioni: +10% entro 2030

Aumentare del 10% la quota di spostamenti effettuati con forme di mobilità sostenibile, come mezzi pubblici, sharing, micro-mobilità elettrica e mobilità attiva (in bicicletta o a piedi): è questo l’obiettivo principale con orizzonte 2030 fissato di recente dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile. Un traguardo da raggiungere attraverso “un approccio organico e integrato, e aumentando la potenza d’urto degli interventi“, spiega il Mims nel report “Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile“. “È necessario stimolare l’uso del trasporto pubblico, ancora molto basso soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree suburbane e periurbane dove la qualità del servizio è insoddisfacente e c’è una maggiore propensione a ricorrere all’auto privata”, ha spiegato il ministro Enrico Giovannini, illustrando il piano predisposto dal ministero.

Il dossier fa luce sulle problematiche che oggi frenano lo sviluppo di un modello di mobilità più sostenibile. Partendo da una considerazione: negli ultimi due decenni non è aumentata la percentuale di italiani che si serve dei mezzi pubblici. Secondo i dati dell’Osservatorio Audimob, su 100 spostamenti medi giornalieri (feriali) il trasporto pubblico ha mantenuto la propria quota attorno al 10 per cento. L’auto regna ancora incontrastata, con il 62,5% degli spostamenti con la propria vettura nel 2019 a fronte del 20,8 a piedi, del 10,8 con mezzi pubblici e del 3,3 in bicicletta. Non solo: i dati mostrano anche la forte abitudine a usare mezzi privati non solo per tragitti di ampio raggio, ma anche per quelli in contesto urbano (tra 2 e 10 km), dove si arriva al 78%. Quali sono i fattori che tarpano le ali a un maggior utilizzo del trasporto pubblico locale? Il documento nel Mims ne elenca diversi. Il primo riguarda l’offerta di trasporto pubblico, considerando che i posti-km complessivi nei comuni capoluogo di provincia nel 2019 erano il 4,5% in meno rispetto al 2010. Evidente anche il gap con il resto d’Europa per quanto riguarda le reti urbane su ferro (metro, tram e ferrovie urbane): secondo Legambiente, in Italia si arriva a 1.400 km contro i 1.900 della Francia, i 2.300 della Spagna e i 4.700 della Germania.

Altro fattore penalizzante è l’età del parco mezzi, che si traduce in una minore qualità del servizio e in un maggiore inquinamento dell’aria. Sui circa 44mila bus pubblici circolanti in Italia nel 2019, il 45% circa aveva oltre 15 anni. E, secondo i dati dell’Osservatorio sul trasporto pubblico locale, nel 2021 circa il 40% dei bus per i trasporto urbano e extraurbano era di una categoria inferiore a Euro 5, con appena l’1% elettrico. Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, poi, resta ancora modesta la digitalizzazione dei servizi del Tpl. Ad esempio, nel 2019 solo il 31% dei comuni capoluogo disponeva di servizi di informazione via sms e il 35,8% offriva la possibilità di acquistare i biglietti online. Altro dato interessante contenuto in un’indagine Istat del 2019: una famiglia su tre segnala, nella zona in cui abita, abbastanza o molta difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici. Il combinato disposto di tutti questi elementi porta a un basso grado di soddisfazione verso i trasporti pubblici in Italia e, di conseguenza, a un utilizzo limitato. L’indagine Eurobarometro del 2019 mostra come il 54% degli italiani si dichiari per nulla o poco soddisfatto del Tpl, valore molto più elevato di quelli di Spagna e Francia (attorno al 20%) e soprattutto Germania (circa 15%).

Per cercare di superare queste (e altre) criticità, il Mims ha definito una strategia decennale basata su obiettivi di sostenibilità di tipo economico (miglioramento della mobilità locale ed efficientamento del servizio pubblico), sociale (miglioramento dell’accessibilità e della qualità del servizio) e ambientale (cambiamento modale e riduzione delle emissioni). Da un lato, il piano mira a aumentare la domanda di mobilità sostenibile attraverso incentivi (monetari e non) per favorire l’utilizzo del trasporto pubblico locale, disincentivi all’utilizzo dell’automobile e programmazione urbana e dei trasporti integrata. Dall’altro, si punta a migliorare l’offerta di mobilità pubblica, anche in termini infrastrutturali, di innovazione tecnologica e di impatto ambientale. Da questo punto di vista, è prevista la sostituzione dell’intero parco autobus del Tpl con classe ambientale inferiore a Euro 5 e transizione green verso l’elettrico e l’idrogeno, in vista della decarbonizzazione del settore al 2050. Tra le azioni già previste nel Pnrr c’è l’acquisto entro il 2026 di circa 3.400 bus a basse emissioni e la realizzazione di infrastrutture di ricarica dedicate. Mentre, a livello di infrastrutture, spicca la realizzazione di circa 570 km di piste ciclabili urbane e metropolitane e di circa 1.250 km di piste ciclabili turistiche.

Le risorse? L’allegato ‘Infrastrutture, mobilità e logistica’ al Def 2022 prevede circa 280 miliardi di euro (+8,1% rispetto a quanto stanziato l’anno scorso) per interventi selezionati e finanziati sulla base di piani strategici redatti tenendo conto della strategia economica del Governo, degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu e del Green Deal europeo. Tra gli obiettivi dichiarati c’è quello di rendere più sostenibile dal punto di vista ambientale il sistema della mobilità. Nel dettaglio, gli investimenti riguardano strade e autostrade (83,5 miliardi), ferrovie e nodi urbani (147,4 miliardi), porti (10,1 miliardi), aeroporti (3,2 miliardi), trasporto rapido di massa nelle città metropolitane (32,6 miliardi) e ciclovie (2,6 miliardi).

Nadia Bisson

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