Il tempo delle riflessioni è scaduto. Fiom, Fim e Uilm organizzano una conferenza stampa davanti a Palazzo Chigi sulla vertenza ex Ilva, ma sono convocati dal governo il 20 dicembre. Oltre quella data, assicurano, non saranno disposti a tollerare risposte ambigue: il socio pubblico in Arcelor Mittal, quindi in Acciaierie d’Italia, deve crescere e il governo prendere il controllo, altrimenti “non staremo fermi” e “non andremo via”, tuonano. Tradotto: la protesta prosegue a oltranza.
Al momento, Adi è al 38% di Invitalia e al 62% di Arcelor Mittal. In ballo c’è il futuro di 20mila lavoratori, tutti ancora in Cig, e della produzione dell’acciaio in Italia. L’incontro del 20 tra Palazzo Chigi e le parti sociali sarà propedeutico all’Assemblea degli azionisti, prevista per il 22 ma già rinviata diverse volte. La crisi finanziaria in cui sostiene di versare l’azienda richiede una ricapitalizzazione di emergenza di oltre 300 milioni di euro.
“Voglio essere esplicito: il 20 o c’è una risposta che dà garanzie rispetto alla salita del socio pubblico dentro Arcelor Mittal, quindi dentro Acciaierie, quindi prende in mano il governo la gestione dell’azienda, con un elemento di garanzia per i lavoratori e le produzioni, o noi non andremo via“, spiega Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil. Lamenta un disinteresse dell’azienda non solo per il futuro, ma anche per le attuali situazioni di sicurezza e salute dei lavoratori: “Ogni giorno c’è un incidente dentro gli impianti”, ricorda. De Palma denuncia anche un comportamento dell’azienda “oggettivamente anti-sindacale”: “Non rispetta il dialogo con i delegati, con i lavoratori, con le organizzazioni sindacali. Sappiamo che nel governo c’è un dibattito: il punto è uno, alla luce di quello che sta succedendo, cosa stanno aspettando? Siamo venuti per liberare il governo dalla condizione di ostaggio in cui la multinazionale indiana tiene gli impianti, i lavoratori e la dignità del Paese“, chiosa.
“Si assumano la responsabilità o la pagheranno, il giudizio dei lavoratori e delle comunità è negativo, verso una crisi gestita con i piedi“, avverte il segretario della Uilm, Rocco Palombella. “Noi il 20 dicembre verremo qui e il governo e i ministri devono sapere che ci devono dire qual è la proposta che hanno messo in piedi per salvaguardare 20mila posti di lavoro, l’ambiente e la produzione di acciaio. Ce lo devono dire, non possono continuare a prendere tempo, come hanno fatto in questi anni, aspettando di passare il cerino al governo successivo. Ma siccome i lavoratori non sono cerini, ma persone con una grande dignità, chi fa politica deve assumersi i problemi e deve fare le proposte”, aggiunge. Da 4 anni dura l’affidamento a Mittal e “il bilancio è sotto gli occhi di tutti: è stata fallimentare fin dal primo momento, non c’è stato un anno senza l’utilizzo della cig o con un livello produttivo minimo. Non hanno speso un euro e ora chiedono il conto”, denuncia. E conclude: “Noi solleciteremo chiarezza e decisione. Se questo non sarà possibile, si apre un altro scenario, se il 20 ci saranno notizie negative, noi non staremo fermi”.
Dal Piemonte arriva la proposta del governatore Alberto Cirio di un’azione coordinata con Puglia e Liguria per “far sentire la voce delle Regioni in difesa degli stabilimenti produttivi”. Questa mattina, il presidente della Regione ha incontrato amministratori e organizzazioni sindacali sul futuro degli stabilimenti a Novi Ligure, Racconigi e Gattinara. La Regione, ha annunciato, parteciperà all’incontro convocato del 20 dicembre a Roma.
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