NELLA FOTO IL FIUME TREBBIA IN SECCA, AFFLUENTE DEL PO, NELLA CITTA DI SAN NICOLO A TREBBIA, PIACENZA CLIMATE CHANGE FIUMI IN SECCA NELLA ZONA DELLA BASSA PADANA SICCITA DESERTIFICAZIONE CAMBIAMENTO CLIMATICO, PONTE
L’Italia ha sempre più sete. E le previsioni meteo non lasciano grande spazio alla speranza. Per questo, mentre le regioni continuano a chiedere lo stato di emergenza e di calamità (ultima in ordine di tempo l’Emilia Romagna) e in Piemonte già da giorni si ricorre a autobotti e a razionamenti notturni dell’acqua, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani parla di uno scenario “in cui mancano solo gli alieni”. Tanto che, spiega, “si stanno chiudendo le centrali idroelettriche perché non c’è flusso”. E se il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ammette che “ci sono le condizioni per arrivare a dichiarare lo stato di emergenza” ma che adesso la priorità è “sostenere il comparto agricolo che non è solamente produttivo ma garantisce il presidio e la manutenzione del nostro territorio, ed è vitale e fondamentale per il nostro Paese”, arriva il ministro Patuanelli a frenare, dicendo che “è ancora prematuro” parlare di dichiarazione di emergenza. Di diverso avviso il segretario del Pd Enrico Letta che spinge per la proclamazione il prima possibile, aggiungendo di credere che “sia necessario così come un piano per gli invasi”.
Sugli invasi punta l’attenzione anche Coldiretti, che calcola che l’Italia perde ogni anno l’89% dell’acqua piovana. Per questo “serve subito una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione”.
In piena emergenza siccità, interviene la ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna che rende pubblico il progetto di un Cis Acqua che potrebbe essere formalmente avviato nel mese di luglio dopo un lavoro preparatorio svolto negli ultimi sei mesi. “L’emergenza idrica – spiega – non ci coglie impreparati: sono sei mesi che lavoriamo, con tutte le Regioni e diversi ministeri, a un ‘piano acqua’ che sostenga l’intera filiera, dagli invasi agli acquedotti alle utenze finali. Il piano sarà gestito con un Contratto Istituzionale di Sviluppo sul quale abbiamo avuto già positivi riscontri dagli enti territoriali: l’investimento iniziale previsto è consistente, un miliardo a valere sul ciclo 2021-2027 del Fondo di Sviluppo e Coesione, ma potrebbe essere incrementato ancora”.
Certo è che l’emergenza è oggi, e mentre i territori si organizzano emanando ordinanze per limitare l’utilizzo dell’acqua per i soli fabbisogni primari, la situazione peggiore è quella che riguarda l’agricoltura. A oggi la stima della Cia-Agricoltori italiani è di un taglio del raccolto del grano del 30%, con la siccità che va ad aggiungersi ai problemi già creati dal rincaro di fertilizzanti e gasolio dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
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