Dopo il vertice Italia-Africa, Giorgia Meloni rivede alcuni capi di Stato e di Governo del continente, per ascoltare le singole esigenze. Nel summit di ieri al Senato, il presidente della commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, ha denunciato una mancanza di coinvolgimento dei Paesi africani nella stesura del Piano Mattei.
L’ossatura del progetto c’è, ma “nulla è definito“, assicura la premier. Il piano conta su una dotazione iniziale di 5,5 miliardi e si articola su cinque pilastri (istruzione e formazione; salute; agricoltura; acqua; energia), ma il continente è immenso e le esigenze molto diverse. Nelle prossime settimane partiranno le prime missioni operative in una serie di Paesi pilota.
Il Piano “non è certo un punto di arrivo ma di confronto, con tutti i vertici del continente africano, per fare sempre di più“, conferma il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato. Le guerre in corso e la crisi nel Mar Rosso, ricorda, hanno ricadute strategiche ed economiche sui Paesi africani ma anche sull’Europa: “Sicurezza e prosperità dei due continenti sono strettamente legati, proprio per questo è fondamentale investire risorse in Africa in settori chiave“, scandisce.
La prima ministra approfitta della presenza dei leader e in due giorni organizza sedici bilaterali. Colloqui che, spiega Palazzo Chigi, “sono l’occasione per avere uno scambio di idee sul rilancio delle relazioni con il continente africano, anche alla luce della presidenza italiana del G7“.
La premier incontra il presidente di turno dell’Unione africana, Azali Assoumani, che, a differenza di Faki, considera il vertice un “successo, sia nella forma che nel contenuto“: “Il Piano Mattei nessuno può contestarlo, bisogna pubblicarlo perché tutti possano vederlo. E’ un piano molto buono, ora bisogna renderlo concreto e non si può fare in un giorno o in un anno“, ha spiegato nella conferenza stampa dopo il vertice Italia-Africa.
A un anno dalla sua visita a Tripoli, Meloni incontra il primo ministro del Governo di Unità Nazionale libico, Abdulhamid Dabaiba e fa il punto sulla cooperazione in ambito migratorio, anche alla luce della collaborazione instaurata con la Tunisia a livello di Ministri degli Interni. L’incontro serve anche a verificare le opportunità di rafforzare il partenariato in atto in ambito energetico, che la Libia “desidera estendere alle fonti rinnovabili“, fanno sapere fonti interne. Il Governo libico si dice pronto a cooperare per l’attuazione del Piano, dove avrebbe particolare interesse ai settori della formazione e dell’energia. Nell’ambito del processo politico, Meloni ribadisce il sostegno agli sforzi del Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’ONU, Abdoulaye Bathily, per sbloccare l’impasse e favorire un accordo politico di ampio respiro che possa spianare la strada verso le elezioni.
A margine del vertice, la premier incontra il Presidente tunisino Kais Saied. Tra Roma e Tunisi c’è un partenariato che abbraccia tutti i settori della cooperazione bilaterale. Con il Piano Mattei, in Tunisia, verranno potenziate le stazioni di depurazione delle acque non convenzionali per irrigare un’area di otto mila ettari e si creerà un centro di formazione dedicato al settore agroalimentare.
Tra i colloqui, c’è anche il Capo del Governo del Regno del Marocco, Aziz Akhannouch. A quasi vent’anni di distanza dall’ultimo incontro a livello Capi di Governo tra le due nazioni, il colloquio registra il sostegno marocchino al Piano Mattei per l’Africa e al progetto italiano di realizzare un centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili. Trapela dal bilaterale anche la volontà di approfondire la collaborazione in ambito economico ed energetico, attraverso l’organizzazione di un “business forum” in Marocco. Gli altri incontri di Meloni sono con il presidente kenyota, William Samoei Ruto, quello del Mozambico, Filipe Jacinto Nyusi, e il presidente del Senegal, Macky Sall, il presidente dello Zimbabwe, Emmerson Dambudzo Mnangagwa. I lavori hanno permesso anche dei brevi incontri con il primo ministro di Sao Tome e Principe, Patrice Trovoada, e il presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadera. I colloqui proseguono con il primo ministro etiope, Abiy Ahmed Ali, vicepresidente della Costa d’Avorio, Tiémoko Meyliet Kone, il presidente dell’Eritrea, Isaias Aferweki, della Somalia, Hassan Sheikh Mohamud, e della Repubblica del Congo, Denis Sassou-N’Guesso, oltre che il presidente della Banca Africana di Sviluppo, Akinwumi Adesina.
Mentre la premier tesse i dettagli del piano con i singoli Paesi, però, le associazioni ambientaliste salgono sulle barricate. Nel capitolo energia, che è il più importante, le fonti rinnovabili diventano secondarie, lamentano. “Protagonista è ancora il gas, insieme ai disegni Eni sui biocarburanti. È una visione miope sul futuro energetico del Paese e sul concetto di transizione ecologica“, scrivono Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, e Wwf Italia.
L’unico obiettivo del Piano, per gli ecologisti, è quello di trasformare l’Italia in un “hub energetico del gas“, attraverso una cooperazione che passa dall’Africa e “dalle fonti inquinanti, aumentando la dipendenza energetica del Paese“. Una scelta che definiscono “insensata e anacronistica“, di più: “neocoloniale“, come è stato sottolineato in una lettera aperta della società civile africana.
Il Piano sembra lontano dagli impegni di Dubai, dove si è sancito l’impegno a una ‘transition away from fossil fuels’ cioè la fuoriuscita da gas, petrolio e carbone: “l’Italia dovrà dire in che modo intende procedere in tal senso“. Le associazioni chiedono un incontro all’esecutivo per un confronto sul tema e per presentare il “vero piano energetico green e sostenibile che serve al Paese”.
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