Quello che emerge in questi giorni di caos sul ferro non sorprende troppo l’ex ministro dei Trasporti, Enrico Giovannini. Gli investimenti fatti (“dal governo di Mario Draghi”, tiene a precisare) potevano creare disagi, come avviene però per ogni grande manutenzione. Sull’intera infrastruttura ferroviaria, infatti, sono stati stanziati 54 miliardi, quasi la metà dei quali nel Pnrr, quindi con interventi da concludere entro il 2026.
Intervistato da GEA, Giovannini ricorda i disagi in Liguria, quando si fecero “tanti e doverosi” lavori sulle autostrade nel 2021-2022: “In quell’occasione però coordinammo, per quanto possibile, i cantieri in modo che i lavori si svolgessero nei giorni e negli orari meno trafficati”, rivendica. Sulla gestione di Matteo Salvini non entra nel merito, ma riconosce a RFI “uno sforzo straordinario”.
Non analizza l’opzione maltempo, non commenta i possibili sabotaggi e gli incidenti anomali sulla rete per i quali il Gruppo FS ha preparato un esposto denuncia. I cantieri però, ribadisce, pesano sulla congestione del traffico. Sono milleduecento, ma superati i disagi porteranno benefici: “E’ interessante capire di che tipo di cantieri stiamo parlando”, sostiene. In alcuni casi, infatti, si tratta di nuove linee, in altri di interventi di elettrificazione, in altri ancora di manutenzione e innovazione, “anche per tenere conto del cambiamento climatico“, e poi c’è la digitalizzazione. E’ qui che si sofferma: “Questi ultimi cantieri comporteranno un cambiamento epocale, che consentirà di aumentare la frequenza delle corse in sicurezza, soprattutto dei treni regionali”, spiega.
Al cuore dei disagi c’è la “pressione” sui grandi nodi: Milano, Roma, Firenze. Tutte tratte sulle quali circola ogni tipo di convoglio, Alta Velocità, Intecity, Regionali.
Uno dei ragionamenti che si sta facendo è quello di ridurre la frequenza dei treni, ipotesi che però lo vede scettico: “E’ difficile, perché negli ultimi anni c’è un netto aumento della preferenza per l’uso del treno”. Complice anche la modernizzazione dei convogli: “Uno degli investimenti fatti è quello dei nuovi Intercity per il Sud, che sono quasi come i primi Frecciarossa. Man mano che questo tipo di treno entra in funzione, la domanda per quella specifica tratta aumenta. Per questo è difficile pensare di ridurre le tratte, se non in modo estremamente selettivo”, riflette.
La proposta che avanza ci riporta al post-covid, quando si riaprivano i confini del mondo e le compagnie aeree riprendevano a volare tutte contemporaneamente: “All’inizio emettevano biglietti totalmente flessibili, finché la situazione non è tornata regolare. Si potrebbe anche in questo caso aumentare la flessibilità di cambio dei biglietti, per adattare senza costi i viaggi in caso di particolari eventi”. La compagnia che viaggia su ferro non è una sola, c’è Trenitalia, Italo e presto anche Arenaways, oltre a tutte le compagnie locali: “Qualunque soluzione si adotti – avverte -, deve comunque essere adottata nel rispetto delle regole di mercato”.
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