Se c’è una lezione che la pandemia insegna è che non bisogna trascurare il rapporto con le Regioni e la medicina territoriale. Ne è convinto Gianluca Ansalone, head of Public affairs & Sustainability di Novartis, che a margine dell’evento ‘Pandemie, strategia farmaceutica e transizione ecologica’ fa il punto con GEA sullo stato dell’arte del colosso svizzero. “È una strada che riteniamo molto promettente. Non c’è futuro per la medicina in Italia senza prendere le lezioni del Covid e la principale è stata portare le cure dove è il paziente e non viceversa. È su questa visione che abbiamo sviluppato il dialogo con alcune Regioni, il Lazio per la medicina d’iniziativa, il Friuli Venezia Giulia, Regione apripista con cui abbiamo stabilito una collaborazione a lungo termine, di tre anni, su alcuni ambiti di comune interesse, come la prevenzione di patologie cardiovascolari ma anche lo sviluppo di strumenti e metodi per rendere la medicina di territorio una realtà molto più solida“.
Intercettare la malattia prima che si manifesti significa salvaguardare la salute delle persone e arrivare a un risparmio economico. Significa fare molta prevenzione. Novartis a che punto è?
Il senso profondo del contributo che vogliamo dare è a riformare le linee guida Sistema Sanitario Nazionale per renderlo più forte e rispondente ai bisogni dei cittadini. Noi viviamo in una società che invecchia e dovremo fronteggiare un’incidenza di patologie croniche molto più larga. Operare per la prevenzione di queste patologie, attraverso il nostro impegno su tematiche importanti, intervenire con una medicina di iniziative, garantire la cura e il follow-up per chi convive con una malattia cronica: su questo terreno ci impegneremo con i territori per rendere la sanità del futuro più vicina ai cittadini.
C’è sempre più questa necessità di arrivare a un rapporto diretto tra la sanità e il paziente, state lavorando in questa direzione?
È al centro della nostra visione, perché crediamo che il sistema sanitario debba essere costruito attorno alle esigenze del paziente e poi perché con lo sviluppo che stiamo seguendo molto da vicino delle nuove tecnologie (mi riferisco a intelligenza artificiale e big data) il paziente è prima di tutto un elemento portante della solidità del Sistema Sanitario del futuro, l’empowerment dei singoli pazienti è la prospettiva in cui crediamo di più, con loro e attraverso di loro vogliamo costruire modelli più moderni ed efficienti.
Sulla medicina a 360 gradi, a che punto è in relazione al progetto One Health dell’Ue?
Lo seguiamo con grande attenzione. Per l’insegnamento che ci ha lasciato la pandemia, l’impossibilità di scindere la salute del pianeta da quella delle persone, perché la nostra grande scommessa del futuro è sulla prevenzione, quando si parla di prevenzione non si può non guardare alla salute nel suo complesso.
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