Nel nostro mondo rapidamente industrializzato, la ricerca di materiali sostenibili non è mai stata così urgente. Le materie plastiche, onnipresenti nella vita quotidiana, pongono notevoli sfide ambientali, soprattutto a causa della loro origine da combustibili fossili e dello smaltimento problematico. Ora, uno studio guidato dal team di Jeremy Luterbacher dell‘Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) svela un approccio pionieristico per produrre plastiche ad alte prestazioni da risorse rinnovabili. La ricerca, pubblicata su Nature Sustainability, introduce un metodo innovativo per la creazione di poliammidi – una classe di plastiche note per la loro resistenza e durata, le più famose delle quali sono le calze di nylon – utilizzando un nucleo di zucchero derivato da rifiuti agricoli.
Il nuovo metodo sfrutta una risorsa rinnovabile e realizza questa trasformazione in modo efficiente e con un impatto ambientale minimo. A differenza delle plastiche tradizionali “qui utilizziamo una struttura di zucchero, che è ubiquitaria in natura e generalmente completamente atossica, per fornire rigidità e proprietà prestazionali” al prodotto.
Lorenz Manker, autore principale dello studio, e i suoi colleghi hanno sviluppato un processo senza catalizzatore per convertire lo xilosio dimetilgliossilato, un carboidrato stabilizzato ricavato direttamente da biomasse come il legno o le pannocchie di mais, in poliammidi di alta qualità. Con questo processo quasi tutto il materiale di partenza viene utilizzato nel prodotto finale, riducendo drasticamente gli scarti.
Le poliammidi biobased presentano proprietà in grado di competere con le loro controparti fossili, offrendo una promettente alternativa per diverse applicazioni. Inoltre, i materiali hanno dimostrato una notevole resilienza attraverso molteplici cicli di riciclo meccanico, mantenendo la loro integrità e le loro prestazioni, un fattore cruciale per la gestione del ciclo di vita dei materiali sostenibili.
Le potenziali applicazioni di queste poliammidi innovative sono vaste e spaziano dai componenti automobilistici ai beni di consumo, il tutto con un’impronta di carbonio significativamente ridotta. L’analisi tecno-economica e la valutazione del ciclo di vita effettuate dal team suggeriscono che questi materiali potrebbero avere un prezzo competitivo rispetto alle poliammidi tradizionali, compresi i nylon, con una riduzione del potenziale di riscaldamento globale fino al 75%.
La produzione di questi materiali è ora in fase di espansione da parte dello spin-off dell’EPFL, Bloom Biorenewables, nel tentativo di immetterli sul mercato.
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