Dall’Unione europea via libera alla legge sul digitale

La prima legislazione al mondo che definisce standard basati su principi democratici per muoversi nella sfera digitale. L’Unione europea ha fatto la storia nell’ambito online, dando il via libera alle leggi gemelle del Digital Markets Act (Dma) e del Digital Services Act (Dsa), che creeranno il “nuovo Mercato unico Digitale“, come lo ha definito il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton. Con 588 voti a favore, 11 contrari e 31 astenuti (Dma) e 539 a favore, 54 contrari e 30 astenuti (Dsa), la sessione plenaria del Parlamento europeo ha approvato l’intesa sul pacchetto digitale con il Consiglio dell’Ue: a questo punto i testi dovranno essere adottati formalmente dal Consiglio ed essere poi pubblicati nella Gazzetta ufficiale, per l’entrata in vigore.

La legge sui mercati digitali pone i primi paletti ai comportamenti abusivi delle Big Tech nella sfera online. Il testo specifica le caratteristiche per identificare i ‘gatekeeper’ (che controllano l’accesso al mercato), focalizzandosi su quelli di maggiori dimensioni (come Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft). Dovrà essere garantito il diritto degli utenti di disdire l’abbonamento ai servizi della piattaforma principale e i più grandi servizi di messaggistica (Whatsapp, Facebook Messenger o iMessage) dovranno aprirsi all’interoperabilità con le piattaforme più piccole. Vietate le cosiddette ‘killer acquisition’ – acquisizioni di società emergenti da parte delle aziende che dominano il mercato – così come pre-installare sul dispositivo determinate applicazioni software o richiedere agli sviluppatori di utilizzare specifici servizi per comparire negli app store. In caso di violazione delle regole stabilite dal Dma, è prevista una multa fino al 10 per cento del fatturato globale e del 20 per cento in caso di recidiva.

Per quanto riguarda la legge sui servizi digitali, l’obiettivo è la protezione dei cittadini secondo il principio “ciò che è illegale offline, è illegale online“. Il Dsa si applica a tutti gli intermediari online che forniscono servizi sul territorio comunitario, con un livello di obblighi crescenti: le piattaforme con più di 45 milioni di utenti attivi mensili nell’Ue saranno soggette a requisiti sulla valutazione indipendente (e annuale) dei rischi sistemici di disinformazione, contenuti illegali e violazione dei diritti fondamentali. Attraverso un sistema di notifica, gli intermediari online dovranno rimuovere “rapidamente” i contenuti illegali, con un rafforzamento della protezione delle vittime di violenza informatica, soprattutto per quanto riguarda la condivisione non consensuale di materiale online (come il revenge porn). Introdotto un meccanismo di risposta alle crisi, nel caso di “minaccia alla sicurezza pubblica o alla salute“, per cui la Commissione potrà richiedere alle piattaforme digitali di grandi dimensioni di limitare rischi “imminenti” nel proprio spazio (come la propaganda di guerra).

Sempre a proposito degli obblighi delle piattaforme, è prevista la trasparenza sui sistemi di raccomandazione dei contenuti (gli algoritmi che determinano cosa vedono gli utenti), garantendo almeno un’opzione non basata sulla profilazione. È vietata la pubblicità mirata nei confronti dei minori e sui dati sensibili (orientamento sessuale, religione, etnia, stato di salute) e i ‘dark pattern’, le interfaccia-utente appositamente create per indurre in modo fraudolento gli utenti ad agire in un determinato modo (dare maggior risalto a una particolare scelta attraverso pop-up o rendere più complessa la cancellazione di un abbonamento rispetto alla sottoscrizione). Le violazioni del regolamento comporteranno multe fino al 6 per cento del fatturato globale e saranno sorvegliate dalle autorità nazionali (le piattaforme più piccole) e dalla Commissione Ue (potere esclusivo su quelle più grandi).

Giulia Proietto Billorello

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