La scena del crimine diventa sostenibile: arriva lo spray ecologico per impronte digitali

Gli scienziati hanno sviluppato uno spray fluorescente solubile in acqua e non tossico che rende visibili le impronte digitali in pochi secondi, rendendo le indagini forensi più sicure, facili, veloci e sostenibili. Le impronte digitali latenti (LFP) sono impronte invisibili formate da sudore o sostanze oleose lasciate su un oggetto dopo che questo è stato toccato. I metodi forensi tradizionali per rilevarle utilizzano polveri tossiche che possono danneggiare le prove del Dna, oppure solventi petrolchimici rischiosi per l’ambiente.

Il nuovo spray colorante, sviluppato dagli scienziati della Shanghai Normal University (Cina) e dell’Università di Bath (Regno Unito), è solubile in acqua, presenta una bassa tossicità e consente di visualizzare rapidamente le impronte digitali sulla scena del crimine. I ricercatori hanno creato due diversi coloranti – giallo e rosso – che emettono un bagliore fluorescente che può essere visto sotto la luce blu. I coloranti si basano su una proteina presente nelle meduse, chiamata Green Fluorescent Protein (GFP), ampiamente utilizzata dai ricercatori per visualizzare i processi biologici. Questo significa che i coloranti sono biologicamente compatibili e non interferiscono con la successiva analisi del Dna delle impronte.

Lo spray evita schizzi che potrebbero danneggiare le impronte, è meno ‘disordinato’ di una polvere e funziona rapidamente anche su superfici ruvide dove è più difficile catturare le impronte digitali, come il mattone. Il professor Tony James, del Dipartimento di Chimica dell’Università di Bath (Regno Unito), spiega che “questo sistema è più sicuro, più sostenibile e funziona più rapidamente delle tecnologie esistenti e può essere utilizzato anche su impronte digitali vecchie di una settimana”. “La disponibilità di due diversi colori significa che lo spray può essere utilizzato su superfici di colore differente. Speriamo di poter produrre altri colori in futuro”.
“Stiamo collaborando con alcune aziende per rendere i nostri coloranti disponibili per la vendita. Ulteriori lavori sono ancora in corso”, assicurano i ricercatori. Lo studio è pubblicato sul Journal of the American Chemical Society.

Elena Fois

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