“Quella dell’auto è una crisi globale” e che “viene da lontano”. Lo dice Cesare Pozzi, professore di economia industriale alla Luiss. “La competizione aumenta enormemente le capacità produttive e si è aperta a tutto il mondo, dalla Corea alla Cina. Ormai da tempo la domanda fatica ad assorbire questa capacità. Ora c’è anche un cambiamento culturale: i ragazzi sono molto più disponibili a condividere l’auto, non viaggiano da soli in una cinque posti. E non la cambiano con la stessa frequenza”, aggiunge a La Repubblica. C’entra anche la transizione energetica “perché a questa dinamica l’Europa ha aggiunto gli obiettivi di transizione, quando l’elettrico ha bisogno di un settimo dei pezzi e quindi asciuga tutto l’ecosistema dei fornitori. Tutto questo richiedeva ben altra attenzione, parliamo di un’industria che è il primo datore di lavoro in tutti i Paesi e ora rischia di collassare”. E ancora: “Serve una strategia con obiettivi perseguibili, compatibili con la sostenibilità dell’ecosistema. Non si può bruciare una generazione dietro al sogno di fare un esempio dell’Europa, che conta pochissimo nelle emissioni globali”. Pozzi aggiunge poi: “I singoli governi sono responsabili per le loro comunità, ma è fondamentale che se ne discuta in sede europea in modo aperto, mettendo allo stesso tavolo le aziende e le parti sociali. Non è possibile che nell’Unione si vada ognuno per conto proprio”.
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