Cop30, Lula a Belém per spingere sui negoziati. Ue cerca punto di caduta sulle fossili

Ignacio Lula da Silva è arrivato in Amazzonia per spingere l’acceleratore sui negoziati della Cop30. La città di Belém, sede della Conferenza, è blindata dall’alba: uomini dell’esercito e della polizia in tenuta antisommossa vengono schierati in massa, fucili alla mano, intorno ai capannoni dell’Onu e in tutta la città, per l’arrivo del presidente.

Lula vuole chiudere già nelle prossime ore per, ha spiegato, “infliggere una nuova sconfitta ai negazionisti del clima” e dimostrare in Amazzonia che il mondo non ha abbandonato la cooperazione climatica, nonostante il contesto geopolitico. “Tornerò a Belém il 19 novembre per incontrare il Segretario Generale delle Nazioni Unite in uno sforzo congiunto per rafforzare la governance del clima e il multilateralismo. Parteciperò anche a riunioni con vari paesi, rappresentanti della società civile, popolazioni indigene e tradizionali, governatori e sindaci”, ha detto nel messaggio letto dalla ministra dell’Ambiente Marina Silva nel fine settimana.

L’obiettivo del ritorno alla Cop è contribuire alle negoziazioni su temi sui quali le posizioni dei Paesi sono ancora divergenti, come il finanziamento climatico, il divario tra gli obiettivi climatici presentati, il Cbam e le relazioni sulla trasparenza. Ma, soprattutto, Lula vorrebbe che nella dichiarazione finale fosse inclusa una “roadmap” sull’allontanamento dai combustibili fossili.

Le parti iniziano ad appoggiarlo: dei 197 Paesi più l’Ue, sono 82 i favorevoli alla tabella di marcia sponsorizzata dal Brasile. A chiedere una decisione che incoraggi i paesi ad attuare effettivamente l’uscita graduale dai fossili è un fronte composto da decine di paesi europei, latinoamericani e insulari. Si oppone ai paesi produttori di petrolio, che a Belém sono rimasti silenti, ma attivi nelle sale negoziali. Il percorso sembra necessario per mantenere vivo l’obiettivo di 1,5°C perché, come ricordano i Paesi in via di sviluppo, la transizione non può essere giusta se non è programmata, equa e sostenuta finanziariamente. In Europa, l’Italia e la Polonia, primariamente, frenano. Roma è cauta, non ha ancora aderito formalmente ma è aperta ad aderire, alla luce di quello che conterrà la proposta. Il ministro Gilberto Pichetto Fratin vorrebbe rassicurazioni sul paragrafo 29 della dichiarazione finale della Cop28 di Dubai, che riconosce che i combustibili fossili possono svolgere un ruolo nel facilitare la transizione energetica, garantendo al tempo stesso la sicurezza energetica. Al contrario della Francia, che non ha problemi in termini di sicurezza energetica, grazie al nucleare.

Secondo Parigi, a due giorni dalla chiusura dei lavori, le parti sono ancora “lontane dall’accordo”. Il ministro della Transizione ecologica, Monique Barbut, si dice comunque “più ottimista” rispetto a ieri. Il commissario europeo per il Clima Wopke Hoekstra sostiene di appoggiare l’idea della roadmap, anche se probabilmente sarà definita diversamente: “Per essere chiari, ci piace molto. In Europa potremmo non usare la parola tabella di marcia, ma abbiamo davanti un percorso molto, molto chiaro – spiega -. Si tratta di eliminare gradualmente i combustibili fossili, di assicurarci di passare a un sistema energetico completamente diverso da quello che abbiamo oggi”.

I negoziatori lavorano giorno e notte e, per aiutarli, Lula torna a Belém per incontrare i rappresentanti dei paesi emergenti, poi quelli europei, gli Stati insulari, i rappresentanti delle popolazioni indigene e della società civile. Sul fronte della finanza, gli europei non intendono rivedere il finanziamento dei paesi ricchi a quelli vulnerabili: “ Non prevediamo alcun aumento dei finanziamenti per l’adattamento“, mette in chiaro Darragh O’Brien, ministro irlandese dell’Ambiente. “La discussione sulla finanza sovente acceca la concretezza rispetto alle azioni da svolgere“, media Pichetto, che invita a non perdere di vista i fatti: “Come agiamo a livello mondiale su mitigazione e adattamento? Quali sono i progetti che concorrono a creare l’adattamento?” domanda, rilevando che “la crescita economica e sociale crea le condizioni per raggiungere anche indirettamente gli obiettivi climatici”. Il ministro italiano porta l’Adaptation Accelerator Hub del G7 come modello per l’azione globale di adattamento al cambiamento climatico: “In questo primo anno di attività – riferisce – i progressi sono già significativi“. In Etiopia, grazie anche al Memorandum firmato con l’Italia, si lavora per definire la prima strategia nazionale di investimento per l’adattamento, ma si formalizzano collaborazioni in Senegal, Mauritius, Cambogia e Maldive, in partenariato con i membri del G7 e istituzioni finanziarie.

Ieri mattina è stato pubblicato un tentativo avanzato di compromesso da parte della presidenza brasiliana della Cop30, per trovare un punto di caduta tra ambizione climatica, commercio e finanza. Un secondo testo più conciso è atteso nelle prossime ore. Il Brasile spera di poterlo far approvare in plenaria il prima possibile, obiettivo eccessivamente ambizioso agli occhi di molti.

mariaelena.ribezzo

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