Giornata api, il cambiamento climatico è la principale minaccia per gli impollinatori

Il 20 dicembre 2017, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione con la quale ha dichiarato il 20 maggio di ogni anno (a partire dal 2018) la Giornata mondiale delle api. A proporre la sua istituzione era stata la Slovenia, dove il 20 maggio 1734 nacque Anton Janša, noto soprattutto per essere stato uno dei precursori dell’apicoltura razionale. Lo scopo della risoluzione è portare all’attenzione dei cittadini, dei media e dei decisori politici l’importanza delle api e in generale di tutti gli impollinatori per la sicurezza alimentare, la sussistenza di centinaia di milioni di persone e per il funzionamento degli ecosistemi e la conservazione degli habitat.

‘Bee engaged with youth’ è il tema scelto per la Giornata del 2024. “Questo tema – spiega Ispra – sottolinea l’importanza di coinvolgere i giovani negli sforzi di conservazione dell’apicoltura e degli impollinatori, riconoscendoli come futuri custodi del nostro ambiente”

Sul fronte della ricerca, intanto, gli scienziati stanno lavorando da tempo per combattere il declino degli impollinatori. Uno studio intitolato ‘Quali sono le ragioni principali del declino mondiale delle popolazioni di impollinatori?’, pubblicato sulla rivista CABI Reviews conferma che il cambiamento climatico è la minaccia più importante per gli impollinatori – come bombi, vespe e farfalle – che sono essenziali per la conservazione della biodiversità, la resa dei raccolti e la sicurezza alimentare.

Le popolazioni di impollinatori sono in calo in tutto il mondo e l’85% delle specie di piante da fiore e 87 delle principali colture globali si affidano a questi insetti per la produzione di semi. Il declino degli impollinatori ha un grave impatto sulla conservazione della biodiversità, riduce la resa dei raccolti e minaccia la sicurezza alimentare.

Secondo la Piattaforma intergovernativa di scienza e politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES), circa il 16% degli impollinatori vertebrati, come uccelli e pipistrelli, e il 40% di quelli invertebrati, come api e farfalle, sono a rischio di estinzione. Johanne Brunet e Fabiana Fragoso, autrici della revisione, sostengono che gli sforzi per controllare i vari fattori che hanno un impatto negativo sugli impollinatori devono continuare, viste le terribili conseguenze. La comprensione delle cause del declino degli impollinatori, spiegano, può guidare lo sviluppo di strategie e piani d’azione per proteggere e conservare questi insetti e i servizi ecosistemici essenziali che forniscono.

I ricercatori ritengono che le variazioni di acqua e temperatura associate ai cambiamenti climatici possano ridurre la quantità e la qualità delle risorse disponibili per gli impollinatori, diminuire la sopravvivenza di larve e adulti e modificare gli habitat adatti.

Nel frattempo, gli insetti, sostengono, subiscono l’impatto negativo delle azioni umane, tra cui la perdita e il degrado degli habitat, l’applicazione di prodotti agrochimici, il cambiamento climatico e l’inquinamento.

In assenza di impollinatori, la dieta umana si sposterà verso una preponderanza di grano, riso, avena e mais, poiché si tratta di colture impollinate dal vento. Le colture che si riproducono vegetativamente, come le banane, saranno mantenute.

Per Fragoso, “l’uso diffuso di pratiche sostenibili in agricoltura e l’ulteriore sviluppo di strategie di gestione integrata degli impollinatori, strategie ecologiche che includono la riduzione dell’uso di pesticidi, contribuiranno a preservarli”.

I ricercatori concludono consigliando che l’adozione di un approccio più olistico alla conservazione degli impollinatori, con strategie di gestione che integrino gli habitat naturali e i sistemi agricoli, insieme alle api gestite e a quelle selvatiche, dovrebbe diventare una priorità a livello mondiale.

Elena Fois

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