This photograph shows an x-ray on a screen, helped by artificial intelligence for medical imaging which indicates possible bone fractures and dislocations at the university hospital in Rennes, western France on September 26, 2023. After more than a year of use, the average duration of emergency visits at the university hospital in Rennes has decreased by at least one hour for minor trauma patients. (Photo by Damien MEYER / AFP)
Nella lotta al cambiamento climatico ciascuno può fare la propria parte, radiologi compresi. Un gruppo di autori diversi, guidati dall’Università di Toronto, ha sviluppato un approccio per i reparti e gli studi di radiologia per ridurre le emissioni di gas serra e diventare più resistenti agli effetti del cambiamento climatico. Il loro piano d’azione è stato pubblicato su Radiology, rivista della Radiological Society of North America(RSNA).
“L’aumento delle emissioni di gas serra provoca cambiamenti climatici, eventi meteorologici estremi e un peggioramento dell’inquinamento atmosferico con effetti negativi sulla salute”, spiega l’autrice principale Kate Hanneman, secondo la quale “l’obiettivo di questo articolo è aumentare la consapevolezza del rapporto interconnesso tra salute del pianeta e radiologia, sottolineare perché i radiologi dovrebbero preoccuparsi della sostenibilità, mostrare le azioni che possono essere attuate per mitigare il nostro impatto e preparare i reparti ad adattarsi agli effetti del cambiamento climatico”.
Si stima, infatti, che la radiologia, attraverso la produzione e l’uso di apparecchiature di imaging medico e delle relative forniture, generi fino all’1% delle emissioni complessive. Da qui l’esigenza di “un approccio coordinato e di azioni concrete” da mettere in atto. Gli autori suggeriscono che i dipartimenti di radiologia dovrebbero istituire di un team di sostenibilità per monitorare e misurare le metriche chiave e gli indicatori di performance.
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Gli interventi ad alto impatto raccomandati per migliorare la sostenibilità in radiologia includono anche il passaggio da forniture mediche monouso a quelle riutilizzabili, lo spegnimento dei sistemi di climatizzazione nelle aree non occupate e quelle delle apparecchiature quando non sono in uso. Come spiega Hanneman, spegnendo gli scanner o portandoli a livelli di potenza inferiori quando non sono in uso, le emissioni complessive di gas serra possono essere ridotte fino al 33% per la risonanza magnetica e tra il 40% e l’80% per la TAC.
Un’altra azione potenziale consiste nell’implementare strumenti di supporto alle decisioni per scegliere esami di imaging a basso consumo energetico, quando è opportuno. Le emissioni di anidride carbonica equivalente variano a seconda della modalità di imaging e sono più elevate per la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata rispetto agli ultrasuoni e alle radiografie.
Gli autori suggeriscono anche di abbreviare i protocolli di imaging e di espandere l’uso delle applicazioni cliniche della RM a basso campo e di collaborare con i produttori per aggiornare o rinnovare le apparecchiature piuttosto che acquistarne di nuove, quando possibile. Per ridurre i rifiuti di imballaggio, si suggerisce, poi, di passare da sistemi di iniezione di contrasto monodose a sistemi multipaziente e di stabilire programmi di gestione dei rifiuti sostenibili.
“Non tutte le azioni suggerite saranno applicabili o attuabili in ogni reparto di radiologia”, dice l’autrice, che invita i team che si occupano di sostenibilità a “pensare in modo creativo per determinare quali azioni avranno il maggiore impatto nel loro reparto”.
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