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FOCUS Terra dei Fuochi, Cedu condanna Italia: Non ha protetto cittadini. Costa: Governo ora agisca

di Dario Borriello


Italia condannata per la Terra dei fuochi. È la decisione assunta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, cui si erano rivolte 41 persone residenti nelle province di Caserta e Napoli e cinque organizzazioni che hanno sede in Campania. Lo Stato ha mostrato “incapacità di agire” di fronte allo scarico di rifiuti tossici da parte delle organizzazioni criminali, non proteggendo i suoi cittadini: questa la motivazione.

Nella porzione di territorio che si trova a centro-nord rispetto alla provincia di Napoli e centro-sud della provincia di Caserta, vivono quasi 3 milioni di persone: a causa dello scarico, interramento e incenerimento illecito di rifiuti, spesso effettuati da gruppi criminali organizzati, c’è stato un aumento dei casi di cancro, oltre all’inquinamento delle falde acquifere. I ricorsi presentati hanno come base giuridica gli articoli 2 (Diritto alla vita) e 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: la tesi sostenuta davanti alla Cedu è che le autorità italiane fossero perfettamente a conoscenza di ciò che avveniva ma, nel corso degli anni, non hanno provveduto a mettere in campo misure utili alla protezione della loro salute, senza nemmeno fornire informazioni. I giudici, all’unanimità, hanno concesso all’Italia due anni di tempo per “sviluppare una strategia globale per affrontare la situazione, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica”.

La notizia circola velocemente e irrompe nel dibattito politico. All’ex ministro dell’Ambiente nei governi Conte 1 e Conte, Sergio Costa, “la prima parola che viene in testa è: finalmente!”, dice a GEA, sottolineando che la sentenza riconosce c’è stato “un grave attentato alla salute dell’ambiente e dei cittadini”. Fu proprio l’attuale deputato M5S e vicepresidente della Camera, nei primi anni Duemila, a condurre le indagini sulla Terra dei fuochi che portarono alla luce uno dei più grandi danni ambientali della storia italiana. All’epoca vestiva la divisa di generale dell’arma dei Carabinieri, ma anche nelle istituzioni si è occupato a lungo della vicenda. “Nel governo Conte 2, parliamo del 2020, ho fortemente voluto e fatto approvare, con l’accordo di tutto il Consiglio dei ministri e del premier Giuseppe Conte, ci tengo a sottolinearlo, la legge che istituiva la Terra dei fuochi come 42esimo Sito di interesse nazionale”, ricorda. Questo comporta “l’obbligo di bonifica, non la facoltà, dunque l’apposizione di specifiche risorse, che all’epoca io feci mettere anche se poi l’esecutivo cadde. E in terzo luogo l’obbligo di individuare il perimetro che, sebbene sia una competenza mista territorio-Stato, dunque serve l’accordo con la Regione Campania, di fatto anticipai io con le indagini, visto che individuammo i famosi 92 Comuni” dell’area. Ragion per cui, avendo tutti gli strumenti, secondo Costa è ora che il governo si attivi: “Capisco che ognuno stabilisce le sue priorità, ma quando si tratta di questioni che attingono alla vita o morte, e bisogna solo eseguire norme già esistenti, non capisco proprio perché non si sia agito o si agisca”.

Un altro che ha battuto personalmente il campo è don Maurizio Patriciello, sacerdote che da anni combatte per dare giustizia agli abitanti della Terra dei fuochi: “Quante calunnie abbiamo dovuto subire, quante minacce, quante derisioni, quante offese, quante illazioni – scrive su Facebook -. I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano. Siamo andati avanti. Convinti”.

Negli anni più difficili della battaglia dei cittadini per salvare la propria terra (e se stessi) erano pochi gli esempi virtuosi in materia di gestione del ciclo dei rifiuti. Uno di questi era sicuramente il Comune di Camigliano, nella provincia di Caserta, dove l’ex sindaco Vincenzo Cenname, ingegnere ambientale nella vita di tutti i giorni, era riuscito a portare la differenziata porta a porta oltre il 65%. La sua esperienza rischiava di finire bruscamente dopo il commissariamento dell’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni, perché il primo cittadino, nel 2010, negò di passare la gestione alla Provincia come imponevano le nuove norme. Pochi mesi dopo si ripresentò alle elezioni, stravincendole.

Oggi, la sentenza della Cedu, restituisce anche a lui una parte di merito: “Nonostante siano passati tanti anni e l’impiantistica regionale della Campania sia abbastanza idonea per fronteggiare la questione rifiuti, abbiamo ancora alcuni fenomeni fuori controllo e chi dovrebbe vigilare scarica tutto sui Comuni, di fatto obbligandoli a rimozioni di rifiuti abbandonati, con un costo eccessivo che poi va a pesare sulla Tari, cioè sulla collettività”, commenta a GEA Cenname, che continua a occuparsi della materia per diversi enti locali della Campania e di altre regioni. L’esperto racconta il fenomeno degli abbandoni incontrollati di rifiuti non è ancora debellato, ecco perché “bisogna studiare strategie congiunte e non lasciare il fardello nelle mani dei comuni”. Chissà se il pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo non possa, alla fine, rivelarsi la molla per accelerare il percorso.

redazione

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